Scherzetto in serbo Roma, Kolarov punisce Mihajlovic
Il serbo decide su punizione una gara bruttina Granata senza reazione: zero tiri in porta
Èstata una punizione, in tutti i sensi. Una rasoiata al minuto 24’ della ripresa, quando la gara non sapeva ancora che direzione prendere davvero, e Kolarov ha schiaffeggiato la Roma e il Torino insieme: ha scosso i suoi e castigato, esponendole all’evidenza, le incertezze degli avversari. Non solo quella di Sirigu, un po’ troppo gelato da quel tiro. Per Mihajlovic il danno e anche la beffa: chissà a suo tempo quanti consigli ha dato a Kolarov su come tirare le punizioni. Morale del giorno: c’è un’Europa più vicina e una che, per ora, si allontana. Questa Roma che in viaggio è un bunker (ancora zero gol subiti) e non perdona (11a vittoria in trasferta di fila, eguagliato il record dell’Inter 2006-07) ha recuperato due punti su Sarri e Spalletti e tiene il traguardo Champions bene in vista. Questo Toro vede l’Europa League più lontana perché ha perso anche la rima del suo stadio: il Grande Torino, dove non vince da quasi due mesi, non è più un fortino. Numeri di una semicrisi della squadra di Mihajlovic: due punti nelle ultime quattro partite, prende gol (13) da sei gare di fila. E stavolta non ha avuto neanche la forza di rimontare, anzi. IL SOLITO DISCO Se fino a ieri era la squadra dei rimpianti, ieri il Toro non ha avuto neppure quelli: se non l’assenza di Belotti, che sta mancando quanto era logico immaginare e forse più. Il solito disco, senza cambiare lato: errori individuali (il fallo di De Silvestri su El Shaarawy da cui è nata la punizione-gol), poca concretezza e tanta confusione nel cercare la porta. L’attacco infarcito di ex giallorossi – Iago, Ljajic, Sadiq – ha prodotto la miseria di zero tiri nello specchio e alla Roma è bastato badare all’utile, non al dilettevole: concretezza e personalità, più che bellezza. Di Francesco aveva proposto un «finto» 4-3-3 tendente a 4-3-1-2: Nainggolan esterno destro con licenza di accentrarsi. Soluzione per lo Schick in arrivo, forse: il tempo dirà. E dirà anche se per Nainggolan il ruolo di trequartista può essere davvero ideale: dubitativo d’obbligo. Così, con gli spazi liberati dal belga per la corsa (intermittente) di Florenzi e gli inserimenti di Pellegrini, la Roma si è trovata a pendere molto a destra. Rispetto a Londra, più tiepide la corsa e l’intensità nell’aggressione per andare a stanare nel suo territorio il Toro, che è stato al gioco per scelta.
INCARTATI Compatto e tosto (15 falli nei primi 45’) grazie al doppio lavoro di Rincon, Baselli e pure Iago che hanno cercato di isolare De Rossi, confidando sui limiti di impostazione dei due centrali difensivi, in assenza di Fazio. E però molto basso, in attesa di ripartenze solo estemporanee e poi condite male. Quattro giocatori offensivi, due soli mediani (e Baselli non lo sarebbe) per disegnare una squadra che ha aspettato, più che aggredire: tanti lanci lunghi e troppo poco Ljajic per vedere un vero lampo di luce. Risultato: i primi 45’ sono stati assai incartati. A parte un colpo di testa fuori di Dzeko e un’esitazione fatale di Strootman a porta aperta, l’unico tiro della Roma (di Florenzi) non voleva esserlo; a parte una lettura ispirata di un taglio di Sadiq da parte di Ljajic, poi frustrata dal nigeriano, il Toro ha cincischiato strappi di volontà, più che vere idee offensive.
VARIABILE Nella ripresa Di Francesco, con Under, ha scelto un 4-3-3 più ortodosso, anche se Nainggolan ha avuto la stessa libertà di oscillare alle spalle di Dzeko, modulandolo in 4-23-1. La vera variabile è stato il colpo da biliardo di Kolarov da fermo: alla Roma non è rimasto che intensificare il possesso palla per prendersi definitivamente la partita e governarla, perché è stato lì, quando avrebbe dovuto provare a restituire il colpo, che è emersa l’impotenza offensiva del Toro, la sensazione che avrebbe fatto una fatica immane a pareggiare. E infatti il gol l’ha sfiorato davvero solo Bruno Peres, nel finale: ci mancava solo quella beffa.