Pazzini vede l’Atalanta e poi segna: l’aria di casa gli fa bene
Punta del Verona ritrova la squadra che l’ha lanciato: ora è la sua vittima preferita
Giampaolo Pazzini è rimasto così legato all’Atalanta da sentire quasi un’attrazione fatale: quando vede quei colori, segna. E’ successo 8 volte, con le maglie di Fiorentina, Samp, Milan e Verona. Il centravanti dell’Hellas ritrova oggi la sua vittima preferita, combattuto tra una classifica complicata e un debito di riconoscenza che sopravvive a lungo. Stagione 2003-04, campionato di Serie B: lui aveva 19 anni, era uno dei molti talenti sfornati dal centro di Zingonia.
EDUCATO Il Pazzo ha più volte detto, pensando all’alba della sua carriera: «L’Atalanta ha significato tutto. Mi hanno preso che ero un bambino, sono andato via ancora ragazzo, ma formato. Perché mi hanno insegnato l’educazione, a diventare uomo prima di tutto, e poi calciatore. Devo dire grazie in particolare a Mino Favini». La famiglia e gli amici di Giampaolo rimangono a Pescia, nel Pistoiese, dove è nato e cresciuto fino ai 14 anni. E dove si fa notare nella polisportiva Margine Coperta, società legata all’Atalanta, che piomba su di lui come avrebbe fatto anni dopo su un altro ragazzo della polisportiva, Jack Bonaventura.
CHI LO SCOPRE Andrea Mandorlini ha vissuto due stagioni in agrodolce sulla panchina della Dea. La prima è ai limiti della perfezione: lancia due giovani di grandi speranze e conquista subito la promozione in A. «Pazzini arrivava dalla Primavera, come Montolivo, si allenava da tempo con noi, era pronto. E infatti, dopo l’infortunio di Budan, diventa titolare e gioca per 4 mesi di fila». Il tecnico non ha mai avuto dubbi: «Era un giocatore già strutturato, forte fisicamente, molto abile in acrobazia e nei colpi di testa. Aveva i numeri del campione ed era un bravo ragazzo con una gran voglia di imparare». Quindi i legamenti di Budan che saltano sono stati la sua fortuna... «Ma era una questione di tempo, Pazzini avrebbe trovato comunque spazio». L’anno dopo, le strade dell’allievo toscano e del maestro romagnolo si dividono: in dicembre Mandorlini viene esonerato con 14 partite senza vittorie, in gennaio il Pazzo va alla Fiorentina dopo aver giocato 51 partite e segnato 12 gol (9 in B, 3 in A). L’incantesimo si è rotto, l’Atalanta finisce in B. «Un anno al risparmio», dice il tecnico. E se il suo centravanti di riferimento fosse rimasto? «E se fossi rimasto io? Magari ci saremmo salvati...». Le strade si dividono, l’amicizia resta. Due anni fa Mandorlini lo chiama al Verona, prima di essere esonerato con lo stesso bilancio di Bergamo. Pazzini è rimasto: oggi risentirà l’attrazione fatale.