AGNELLI: «JUVE, HO ANCORA FAME PRIMO OBIETTIVO IL 7° SCUDETTO»
Presidente all’assemblea dei soci: «Scudetto primo obiettivo. E in Champions almeno ai quarti»
Il presidente: «Champions, almeno i quarti. Allegri bravo nel lavoro che ad altri sembrava terminato». Conte: «Servirebbe riconoscenza»
BINDA, CONTICELLO, DELLA VALLE, IARIA, SOVRANI
Non c’è tempo per celebrare il bilancio dei record 422,4 milioni di fatturato al netto delle plusvalenze e 42,6 milioni di utili - perché la Juventus è proiettata costantemente al futuro. Non può essere altrimenti visto che nel calcio globale lo sviluppo corre veloce e i concorrenti si fanno sempre più agguerriti. E non può esserlo per il presidente Andrea Agnelli, ora che è anche alla guida dell’Eca (l’associazione dei club europei) e ha assunto una visione a 360 gradi. Non a caso nell’assemblea dei soci, che ieri all’Allianz Stadium ha approvato l’esercizio 2016-17, Agnelli ha spaziato dai fatti di casa nostra a quelli di politica internazionale. Sul campo «il nostro primo obiettivo deve essere vincere in Italia il settimo scudetto di fila»; dal punto di vista aziendale, «la condizione minima è partecipare almeno ai quarti di Champions per avere l’esposizione sui mercati internazionali sia in autunno sia in primavera».
POLTRONA Inibito per 12 mesi nell’ambito dell’inchiesta su biglietti e ultrà e in attesa dell’appello del 15 novembre, Agnelli affronta il tema per la prima volta e non risparmia una frecciata al procuratore Pecoraro: «Confido negli organi giudicanti, pienamente convinto dell’onestà dei nostri comportamenti. Mi rammarico per gli atteggiamenti della procura Figc sulla quale non è opportuno che mi esprima pubblicamente». E sulla sua permanenza al comando della Juventus non ha dubbi: «Ogni tanto dicono che mi dimetto ma la verità è che io e tutti gli attuali manager abbiamo ancora tanta fame e tanta voglia di continuare. Non c’è un orizzonte temporale». Al suo fianco il vicepresidente Nedved e gli a.d. Marotta («a Cardiff nessuna scazzottata, semmai l’intervallo ha avuto un effetto tranquillante») e Mazzia («il J Village è la nuova frontiera della nostra espansione immobiliare»).
PIANI Nei prossimi mesi la società presenterà il nuovo piano di sviluppo. Quello del 2011 è stato portato a termine brillantemente. Da un lato il rilancio sportivo, con la leadership in Italia e le due finali di Champions. Dall’altro il risanamento, con ricavi quasi triplicati (erano 156 milioni nel 201011), una gestione profittevole (risultato netto passato da -95 a +43 grazie soprattutto alla maxi-plusvalenza della cessione di Pogba, dalla cui inchiesta Fifa il club è stato assolto) e debiti sotto controllo (posizione finanziaria netta negativa scesa a 162 milioni). Il prossimo step? Cavalcare le onde del football internazionale, con l’esercizio 2017-18 previsto prudenzialmente in perdita nonostante i 74 milioni di plusvalenze di Bonucci & Co, e cercare di accorciare il gap con l’élite europea. Le ultime partnership (Allianz, Cygames, Netflix) danno visibilità estera ma si resta legati ai diritti tv. Dice Agnelli: «C’è profondo disagio per non poter definire i nostri piani visto che non c’è ancora visibilità sull’incasso dall’asta domestica della A». Per non dire della riforma della Melandri, che sottrarrà risorse alle big elevando la fetta PRESIDENTE JUVENTUS in parti uguali dal 40 al 50% e rivoluzionando il concetto di bacini d’utenza. Agnelli spera: «I dialoghi col ministro Lotti sono incoraggianti, quel 20% dovrebbe privilegiare le squadre che ambiscono alle coppe europee, magari calcolando gli abbonati alle pay tv».
POLITICA SPORTIVA Poi l’orizzonte si allarga. Andrea Agnelli plaude al commissario Tavecchio che, coi vice Nicoletti e Uva, ha propiziato l’approvazione in Lega di uno statuto «più snello e adatto alle sfide della Serie A», e invita ora la Figc a sostenere le battaglie per la riforma dei campionati («20 club sono troppi») e per le seconde squadre. Oltre confine agenda fitta: revisione del calendario internazionale e delle finestre dei trasferimenti. «I tre blocchi delle partite delle Nazionali in autunno creano complessità ai club. Perché non dare i giocatori una volta per un mese intero?». Quanto al format della Champions, è blindato fino al 2024 ma poi non è escluso nulla, nemmeno la Superlega: «Dovrà aprirsi un tavolo tra tutte le componenti perché l’attuale struttura delle coppe rende difficile la stabilità economico-finanziaria. Il calcio deve evolvere, non basterà più crescere con i tassi del passato». Chiosa sulla Var. «Fatte due leggerezze: sperimentarla in leghe top come A e Bundesliga e comunicare il protocollo con un po’ di confusione. Ma sono molto favorevole, e comunque gli scudetti non si vincono con la Var».