La Gazzetta dello Sport

LA SOCIETÀ LUCRATIVA AIUTERÀ I DILETTANTI

L’intervento del ministro per lo Sport

- di LUCA LOTTI Ministro per lo Sport di Valerio Marini

Il ministro per lo Sport Luca Lotti ci ha scritto per spiegare la sua proposta di inserire nella legge di bilancio la possibilit­à per le società sportive dilettanti­stiche di avere fini di lucro. C aro direttore, innanzitut­to la ringrazio per l’attenzione che avete riservato in questi giorni alle norme sullo sport contenute (per la prima volta) nella legge di bilancio. Vorrei tuttavia fare alcune precisazio­ni prendendo spunto dall’articolo dedicato alla nuova società lucrativa. A questo proposito, vorrei chiarire che la creazione di questo nuovo soggetto non altera il rapporto tra sport e volontaria­to, né mette in discussion­e i valori fondamenta­li del dilettanti­smo. Al contrario, la pretesa incompatib­ilità dello sport dilettanti­stico con l’esercizio di attività d’impresa ha limitato lo sviluppo di un settore con enormi potenziali­tà di crescita. Inoltre, il freno agli investimen­ti privati si ripercuote negativame­nte sulle condizioni di lavoro del comparto. A causa della carenza di risorse, infatti, alla crescente domanda di addetti qualificat­i e a tempo pieno non ha fatto seguito un incremento delle retribuzio­ni: è per questo che ho voluto prevedere nella legge di bilancio anche l’innalzamen­to dell’esenzione fiscale dei compensi dei dilettanti dall’attuale soglia di 7.500 euro a 10.000 euro.

Non solo. Tale approccio ha avuto ricadute negative anche per la finanza pubblica: muovendo dal presuppost­o che non si possa fare impresa nello sport, l’erario rinuncia a un gettito stimato in oltre un miliardo di euro l’anno. Queste consideraz­ioni mi hanno spinto a introdurre una norma che offra la possibilit­à a chi ne è interessat­o di fare impresa nello sport, favorendo così il processo di ammodernam­ento del dilettanti­smo. Sono convinto che questa novità fungerà da volàno per gli investimen­ti privati, producendo effetti positivi per tutti: utenti, lavoratori ed erario. Ma la specificit­à dello sport e i suoi insostitui­bili valori di inclusione e tutela della salute restano. È per questo che si introducon­o anche una serie di vincoli alle nuove società: per godere dei benefici fiscali, dovranno essere riconosciu­te dal Coni; gli amministra­tori non potranno trovarsi in conflitto d’interessi; dovrà essere garantita la presenza nelle strutture di un istruttore laureato in Scienze motorie.

A questi vincoli si accompagna una piccola agevolazio­ne fiscale, comunque inferiore a quella delle associazio­ni sportive no profit. Questa è la filosofia che sta dietro la riforma: «se fai lucro paghi le tasse». In definitiva, ho cercato di fare ordine nel settore del dilettanti­smo sportivo, prendendo atto di un processo evolutivo che ha condotto una parte consistent­e di esso al di fuori della dimensione amatoriale. D’altro canto, ne sono convinto, ne usciranno fortemente valorizzat­i anche quegli enti che continuano a ispirare la propria attività esclusivam­ente a logiche di inclusione sociale: essi rappresent­eranno un mondo omogeneo e accederann­o con maggior facilità al terzo settore, senza vedersi opporre le attuali resistenze. Infine, solo un piccolo ma significat­ivo chiariment­o: molte delle norme che abbiamo introdotto vanno a sanare un vuoto che si è creato in questi ultimi 20 anni. Sappiamo che c’è ancora molto da fare, ma siamo altrettant­o certi di aver preso la strada giusta.

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