MERTENS, ICARDI E L’AMBIZIOSO DYBALA
Dieci giornate equivalgono al primo quarto di un torneo che ci sta appassionando per bellezza ed equilibrio: avanti così! Parlo soprattutto del vertice, dove la rinascita dell’Inter e l’esplosione della Lazio hanno aggiunto incertezza. Il Napoli si è migliorato, Roma e Juve offrono le solite garanzie con i bianconeri che, teniamolo presente, hanno sempre la rosa migliore. Allegri però si ritrova contro un avversario in più e cioè l’appagamento mentale di quei legionari che hanno vissuto le sei stagioni scudettate: mica facile restare sempre sul pezzo.
È giusto rimarcare come ciascuna di queste cinque rivali stia anche divertendo gli appassionati in virtù di giocate eccellenti dei protagonisti più attesi. È stato giustamente celebrato il secondo gol di Mertens, il top delle difficoltà tecniche e dell’autostima: napoletani deliziati dal principesco controllo in corsa seguito da una botta tremenda. Icardi, capitano di un’Inter che fila in perfetta sintonia col suo ambiente, ce ne ha regalati altri che abbinano spettacolarità a eccezionale padronanza tecnica, a cominciare da quelli rifilati alla Roma. Poi c’è Immobile, che nella Lazio ha trovato il contesto giusto per esaltarsi, Dzeko senza rigori ha comunque una buona media.
È in ritardo Higuain, entrato in forma soltanto da un paio di settimane, quando cioè è un po’ calato Dybala, che era partito a razzo. Ecco, sul tandem della Juve spendo qualche parola in più perché sinora ho avuto la netta impressione che i due argentini non riescano a essere coppia. Nel senso che provano raramente il dialogo e così gli sbocchi di gioco per la Juve vengono limitati. Mi sono fatto l’idea che Dybala voglia diventare una superstar e quando un giovane si mette in testa un’idea del genere finisce per incorrere in eccessi di egoismo, laddove privilegiando le esigenze di squadra e quindi cercando di più l’intesa con Higuain renderebbe più fluido e pericoloso lo sbocco della manovra.
Tornando a Inter e Lazio, cioè alle novità della zona scudetto, vorrei sottolineare l’eccellente lavoro svolto dai due allenatori. Spalletti ha saputo creare anzitutto lo spirito giusto, unendo la squadra al suo pubblico: chi conosce San Siro sa che è fondamentale. E ha poi trovato in Perisic e Vecino due cardini di un gioco che nel primo tempo con la Samp è diventato anche godibile. Quanto a Simone Inzaghi, lo definirei un misto tra le capacità gestionali e la serenità di Ancelotti e l’acume tattico di Ulivieri. Infine sono felice che il Milan abbia fiducia in Montella, che è un allenatore didattico e perciò necessita di tempo per poter trasferire i suoi insegnamenti ai 7-8 nuovi della formazione.