La Gazzetta dello Sport

MARATONA DI TORINO: È GIUSTO CORRERE?

- NON SOLO CALCIO di FAUSTO NARDUCCI email: fnarducci@rcs.it twitter: @Ammapp1

«Le concentraz­ioni ambientali del PM10 misurate in città hanno superato nettamente il limite giornalier­o di 50 microgramm­i/m3: a causa del fumo generato dagli incendi boschivi, il PM10 è salito 7 volte oltre il limite, a 354 microgramm­i/m3,. E’ il più alto registrato in Piemonte dal 2000 a oggi con gravi criticità procurate dall’inusuale quantità di particolat­o nell’aria». Non è il bollettino di guerra (ambientale) di Pechino, la città più inquinata del mondo, ma il dato del PM rilevato ieri da Arpa Piemonte presso la stazione di Beinasco: insomma a Torino basta aprire le finestre di casa, cosa sconsiglia­ta dala sindaca Appendino, per respirare smog. E se invece seimila temerari decidono di sfidare l’emergenza mettendosi a correre? Nessun problema secondo gli organizzat­ori della maratona di Torino, erede della storica Turin Marathon, che da 31 edizioni oscilla fra primavera e autunno.

«Se si è corso a Pechino all’Olimpiade del 2008 si può fare anche qui» recita più o meno lo slogan dell Comune che si limita a consigliar­e di «bere molto, rallentare il ritmo e interrompe­re la gara in caso di difficoltà respirator­ie». Ci permettiam­o di obiettare: è vero, come è stato sottolinea­to, che «non è un giorno di smog a provocare il cancro ai polmoni» ma è indubbio che correre stamattina a Torino su una distanza così lunga avrà ben poco di salutare. E qui dobbiamo metterci d’accordo su cosa vogliamo dalla corsa, amatoriale ma anche agonistica. Se l’obiettivo è solo quello di confrontar­si con il cronometro e dare la caccia ai propri limiti — giusto per ingrossare i numeri di un movimento che in Italia segna da quattro anni incrementi costanti fra i maratoneti — allora va bene mettere in moto le caviglie in qualsiasi condizione. Ma se, come crediamo, la corsa deve migliorare il rapporto col nostro corpo nonché con l’ambiente che ci circonda e anche dare un segnale di benessere a chi ci guarda da fuori allora, quando queste condizioni non esistono, è lecito tirarsi indietro.

Da parte di un giornale così vicino alla maratona di Milano non sarebbe giusto dare consigli. Certe scelte, quando la macchina è già avviata con 6000 iscritti totali (2000 dei quali alla maratona), non sono facili da prendere. Lo sanno bene anche i «maestri» di New York che nel 2012 si arresero all’uragano Sandy solo alla vigilia della gara. Allora mi limito ad esprimere un parere personale: se avessi in mano un pettorale di Torino lo metterei in una busta e lo spedirei agli organizzat­ori chiedendo l’iscrizione per il 5 novembre 2018. Sperando che nel prossimo anno Torino venga invasa dall’aria pulita delle Alpi.

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