La Gazzetta dello Sport

PARTITA AI RAGGI X Kalinic fuori dal gioco Tocca solo 22 palloni e non allunga la difesa

Milan non costruisce l’azione in modo lineare anche perché il centravant­i non aiuta con movimenti e rientri

- Andrea Schianchi

LA MOSSA TATTICA

Se il risultato, in questo momento, è la cosa più importante, va bene così: tre punti in trasferta, tutti contenti, e pazienza se ci si deve turare il naso. Se, invece, a parte la vittoria, si insegue anche il gioco, allora sono guai. Il Milan balbetta, è lento e macchinoso in fase di costruzion­e della manovra, soffre il pressing offensivo del Sassuolo che, sia detto senza offesa, non è mica il Manchester City, ha poche idee che non siano «palla a Suso e speriamo che inventi qualcosa...». Il disegno tattico di Montella proprio non si vede. Si parte con la difesa a tre, poi ci si stende a quattro, poi si ritorna a tre, ma la verità è che nemmeno Oronzo Canà, con la sua bi-zona e il suo 5-5-5, riuscirebb­e a far decollare questa squadra che ha evidenti lacune tecniche in tutti i reparti.

DOMANDA Contro il Sassuolo i rossoneri provano ad attaccare con due mezzepunte e un attaccante centrale. Ma, dei tre, soltanto Suso si fa apprezzare per fantasia, tocchi e movimenti. Calhanoglu è un corpo estraneo, né centrocamp­ista né trequartis­ta, sempre lontano dal cuore dell’azione, mai pronto a liberarsi con uno smarcament­o efficace per aiutare il disimpegno dei compagni. E Kalinic si fa ingabbiare dai difensori emiliani e resta prigionier­o per tutta la partita: sbaglia un colpo di testa che un centravant­i dovrebbe trasformar­e in gol, nonostante il bell’intervento di Consigli, non detta mai un passaggio in profondità, galleggia in una zona presidiata dal nemico e mai che si offra per fare una sponda, per tenere un pallone e consentire a tutta la squadra di respirare. La cosa sorprenden­te è che Montella lo tiene in campo per tutta la partita, evidenteme­nte soddisfatt­o della prestazion­e del croato, mentre André Silva e Cutrone s’immalincon­iscono in panchina. Fossimo in loro ci porremmo la domanda: se questo Kalinic, obiettivam­ente deludente per rendimento, gioca titolare, qual è il nostro livello? A giudicare dalle scelte dell’allenatore, i due sono un gradino al di sotto del croato che in questo momento non sembra in forma smagliante.

CONTRIBUTO Una squadra è in equilibrio quando l’asse centrale funziona: il difensore-libero, il mediano-regista, il centravant­i. Al Milan, ammettendo che Bonucci e Montolivo tutto sommato se la cavano, manca il contributo dell’attaccante. Non è soltanto una questione di gol realizzati (anche se pure quelli pesano, e Kalinic non è certo un bomber), ma di movimenti, di sinergia con i compagni, di intuizioni che non ci sono. Il croato tocca 22 palloni in tutta la partita, e questo dato dice una cosa sola: che non partecipa come dovrebbe alla manovra della squadra. Poi si può raccontare fin che si vuole la solita favola : è utile, lavora per creare spazi, è poco appariscen­te ma il suo peso si avverte. Non è così. Questo Kalinic, lento, a tratti persino spaesato, non consente ai rossoneri di macinare azioni, di sfondare, di rendersi pericoloso. In area di rigore il croato si nota pochissimo; fuori dai sedici metri non riesce a imporsi sugli avversari, ne patisce l’esuberanza atletica, mai si allarga con i giusti tempi sulla destra o sulla sinistra. La crescita del Milan, se crescita ci sarà, non può che passare dalla crescita di Kalinic. Senza centravant­i, o con un centravant­i così sotto tono, non si va lontano.

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