LA FESTA DI NEW YORK MARATONA PER 53.000
Gli alunni di un tempo regalavano mele alle maestre. Romagnoli, che non ha dimenticato gli anni di scuola a Trigoria, ha regalato all’ex maestro Montella un gol che vale una panchina. Romagnoli e Suso, 2-0 al Sassuolo, e così il tecnico del Milan avrà altro futuro. Ancora più confortanti del risultato la riconoscibilità di alcune linee di gioco e buone trame di squadra. Suso, ritrovati riferimenti antichi, è in forte ascesa e con lui Kessie e lo stesso Bonucci. Questo Milan, trasfigurato da un mercato ipertrofico, è una città sepolta che sta affiorando poco a poco, a forza di lavoro e conoscenze. Nella ripresa, senza la scimmia sulla spalla, ha dato il meglio. Significa che con un filotto di vittorie e una classifica meno ansiogena, l’archeologo Montella riuscirà a riportare alla luce la città Milan.
Bel pareggio a San Siro tra due squadre coraggiose. Hanno ragione i 70 mila di San Siro ad applaudire più che a recriminare. L’Inter ha dato il massimo contro un ottimo Torino. Ha limiti su cui Spalletti sta lavorando (velocità e precisione di palleggio) e altri più difficili da risolvere: la tenuta atletica di Borja, ricambi limitati per numero e qualità. Se poi Icardi sbaglia ciò che di solito non sbaglia; se Perisic lavora part-time e non a tempo pieno come tutti; e se i legni sono ostili, difficile ottenere di più. Ma il pari non è una frenata, semmai una sosta in un processo di crescita. Anche perché questo Toro, preso reparto per reparto, non è inferiore. Anzi, nei terzini e nei rincalzi è perfino superiore. I 13 punti di distacco si spiegano soltanto con la qualità di lavoro dei due allenatori. Spalletti è stato subito un valore aggiunto, il più incisivo. Ma, ora che finalmente anche Sinisa ha trovato un assetto razionale, il Toro può decollare. Con la qualità che ha in cambusa «deve» centrare l’Europa.
Allegri ci ha messo più di un’ora per piegare il Benevento, ma ha sorpassato l’Inter ed è andato a dormire al secondo posto, a un solo punto dal Napoli. Meglio di una camomilla. Però non può chiudere gli occhi davanti al momento balordo di Dybala, che attendeva la difesa più traforata del torneo come una cura costituente e invece ci ha sbattuto contro e si è beccato il pizzicotto di una sostituzione. Il 10 della partita è stato Ciciretti; il gol della Juve è stato ancora di Higuain. Quando il Pipita si è impossessato di una punizione dal limite, monopolio della Joya, è come se gli avesse sfilato l’intera Juve che Paulo si era caricato sulle spalle a inizio stagione. Ora che Higuain si è ritrovato, guida lui. Ma per gli obbiettivi che ha in testa la Signora, servono entrambi, al top e sincronizzati. Anche perché la Roma cresce. Poteva pagare il down post-Chelsea. Di Francesco l’ha intercettato con un coraggioso turnover. Senza De Rossi e Strootman non è stata la diga imperforabile delle ultime 4 gare, ma è stata comunque capace di andare tre volte in vantaggio. L’eroe del giorno, Gerson, ex dimenticato, spiega bene il gran lavoro di Di Francesco, che ora ha in pugno un organico che risponde a ogni sollecitazione. Senza ansie da risultati-lampo, Eusebio ha avuto il merito di tenere vivi tutti e ora la Roma offre garanzie di durata superiori al Napoli. Vero che Sarri può pescare di meno in panca, ma è anche vero che non ha la stessa fede nei suoi Gerson: Ounas, Rog... La «poca brillantezza delle 3 punte» di cui si è lamentato ieri il tecnico è comprensibile dopo la battaglia col City. Ma la fatica va soccorsa dal coraggio del turnover che Sarri fatica ancora a darsi. La bellezza non è tutto. Per durare a lungo va protetta con cura.