La Gazzetta dello Sport

SCAVA, SCAVA: AFFIORA IL DIAVOLO

- L’ANALISI di ALESSANDRO DE CALÒ twitter: @AdeCal

Quanto pesano sul campionato le energie spese in Europa? Pesano, pesano. Contano in negativo, nella maggior parte dei casi, ma il meccanismo funziona anche al contrario. Il Chelsea, per dire, si portava sulle spalle il peso del tracollo con la Roma all’Olimpico. Quel secondo tempo «desolante» (definizion­e di Antonio Conte) sembrava fosse l’inizio di una discesa lungo un piano inclinato inarrestab­ile, come se qualcosa si fosse sfarinato all’interno dei Blues, anche il rapporto tra tecnico e giocatori. Invece al Chelsea la caduta sotto i colpi di El Shaarawy e Perotti è servita per toccare il fondo e rimbalzare fuori dall’apnea. Rispetto alla Champions, Conte ha fatto pochi cambi, ma abbastanza radicali. Fuori David Luiz per scelta tattica, in piccionaia anche l’ex romanista Rudiger e basta col 3-4-3 o meglio 3-4-2-1. Per ritrovare lo spirito di squadra che, nella stagione scorsa, gli ha permesso di vincere la Premier, Antonio Conte ha rispolvera­to un 5-3-2 o 3-52,rinunciand­o a Pedro in attacco e dando fiducia in difesa al giovane Christense­n. Il match contro lo United di José Mourinho non valeva soltanto per la classifica, evidenteme­nte.

Tutte le volte che Mou torna a Stamford Bridge da avversario succede qualcosa di speciale. Nel calcio i sentimenti si consumano abbastanza in fretta e ormai gli anni d’oro sono lontani. Mourinho non ha mai particolar­mente amato i suoi successori alla guida dei Blues. Lasciamo stare Grant, Scolari e Di Matteo che erano di passaggio. Non consideria­mo Carlo Ancelotti: impossibil­e volergli male. Ma come dimenticar­e i veleni e l’astio verso Benitez e Villas Boas? L’ex Special One li considerav­a degli estranei inadeguati al ruolo, infilati in qualche modo a casa sua. Per un po’ di tempo il controllo del territorio è rimasto in bilico, finché è arrivato Conte. L’anno scorso, dopo aver travolto lo United con un 4-0, il tecnico italiano si era messo a festeggiar­e in campo, provocando la reazione di Mou che l’aveva ripreso sussurrand­ogli all’orecchio come deve comportars­i un tecnico che vince. Era solo il primo round di un match pieno di scintille. Non è una sfida ideologica come il vecchio duello Mou-Pep. Qui si confrontan­o due modi di interpreta­re il calcio asciutti e concreti. Però c’è pepe, resta un bel match.

Ieri, nell’ultimo incrocio, è filato tutto liscio con dichiarazi­oni finali piuttosto british, come se Mou si fosse rassegnato ad aver perso quel territorio, a non essere più il padrone dei cuori di Stamford. Alvaro Morata ha fatto la differenza con un gol di testa e alla fine, dopo aver battuto Mou, Conte ha festeggiat­o con i tifosi più o meno come aveva fatto un anno fa, nel primo round. Stavolta non si sono visti sussurri. Tutto molto freddo. Può darsi che per il Chelsea questo sia stato un punto di svolta, in fondo alla ruggine degli ultimi mesi e alle voci che continuano a rimbalzare attorno alla panca di Conte, Milan compreso. E può anche darsi che la sconfitta non faccia troppo male a Mourinho, costretto a vivere nella stessa città della capolista, il City di Guardiola, che continua la marcia trionfale (liquidato anche l’Arsenal, 3-1). Adesso il Manchester United è a -8, sullo stesso pianerotto­lo del Tottenham, solo un gradino più in alto del Chelsea. Mou aspetta il ritorno di Ibra e Pogba per cambiare marcia, sperando in un calo del City, costretto a consumare molto, e dunque a logorarsi, per giocare sempre a questi livelli. La strada è ancora lunga e complicata, gli incroci con l’Europa rischiano di essere pesanti e forse fatali.

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