LE LEZIONI DI SORGATO E BECKEY, GRANDI ALPINISTI DEL PASSATO
Oggi scrivo di due grandi alpinisti. Per motivi opposti. Comincio con gli auguri a Roberto Sorgato, che ha appena compiuto 80 anni. È stato fra i più forti in Italia a partire dagli anni 60, con tante salite, partendo dalle Dolomiti del suo Bellunese. Mi piace ricordare la sua partecipazione a «Una cordata europea», film del regista Lothar Brandler, premiato a Trento nel 1964. Documenta una salita sulla Cima Grande di Lavaredo, lungo la difficile via aperta nel 1958 da Dieter Hasse con lo stesso Brandler. Il quale - significativamente: la Seconda Guerra mondiale era ancora vicina volle con un italiano, Sorgato appunto, il tedesco Winfried Ender e il francese Pierre Mazeaud. Del quale Roberto divenne poi grande amico, realizzando con lui importanti salite sia in Dolomiti sia sul Bianco. L’altro alpinista è Fred Beckey, morto nei giorni scorsi a 93 anni. Nessuno vanta tante prime ascensioni sulle montagne del Nord America quante ne ha realizzate questo statunitense che ha davvero dedicato l’intera sua vita alla passione per l’alpinismo. L’ho incontrato in varie occasioni. Per dare un’idea di chi fosse questo vagabondo delle scalate, ricordo un piccolo episodio: pochi anni fa, già 90enne, Fred è venuto fino a Castel Firmiano, nel museo dove ho inserito il suo nome nell’elenco dei caposcuola dell’alpinismo. L’accesso e il primo cortile del castello sono in pendenza. Lui a stento riuscì a fare quel breve tratto in salita. Però si infervorò raccontando di nuove, possibili vie che aveva individuato in Alaska. Da tempo non ho più l’ambizione di fare prime ascensioni, ma gli chiesi dove fossero queste vie: «Furbo! Che cosa pensi: che voglio farmele rubare da te?», rispose piccato.