Rinascita Celtics È il capolavoro di coach Stevens
41enne, pur privo della star Hayward, ha portato Boston in vetta alla lega. Difesa e rimbalzi la chiave
Un’intera estate, o anche più, passata a studiare, programmare, corteggiare. Per poi vivere un campionato da protagonisti, da contender. Sfumata in 5’, i primi dell’anno, con Gordon Hayward che si rompe una gamba ed è perso sino al prossimo autunno. I Boston Celtics avrebbero potuto piangersi addosso, lasciare che il pessimismo e la rassegnazione si appropriassero della loro stagione e la trasformassero in un’interminabile processione funebre.
VEGLIA Già, perché l’aria che si respirava al Garden la sera della prima casalinga con i Bucks, era proprio quella di una veglia. Erano passate meno di 24 ore dallo choccante infortunio al free agent conteso in estate a Jazz e Heat e arrivato nel Massachusetts anche grazie alla corte di Isaiah Thomas, poi ceduto ai Cavs per Kyrie Irving. Due partite, due sconfitte. Titoli di coda, quindi? Alt, calma. Passata l’inevitabile depressione, il Maestro si è rimesso al lavoro e i Celtics hanno infilato 9 vittorie di fila (nella notte in casa con i Lakers puntavano alla decima). Sì, con la M maiuscola. Perché Brad Stevens è un genio della panchina. Ormai in molti lo considerano secondo al solo Gregg Popovich, che fa corsa solitaria da quando ha preso in mano gli Spurs. Il tecnico che portò la piccola Butler a due Final Four Ncaa di fila, a soli 41 anni ha già conquistato la Nba. E quest’anno il miglior bilancio della lega (9-2) è arrivato con una squadra che, dopo aver chiuso al 1° posto a Est l’ultima campagna, ha tenuto solo 4 giocatori di quel roster, perdendo i due migliori difensori, Avery Bradley e Jae Crowder. L’aggiunta di Irving, talento offensivo straordinario e probabilmente miglior ball handler degli ultimi vent'anni, non avrebbe dovuto aiutarla a migliorare nella propria metà campo, visto che notoriamente non difende nemmeno sotto tortura. Eppure Stevens è riuscito (senza ricorrere a elettroshock o strappo delle unghie) a far crescere anche lui sotto questo aspetto. Con Kyrie in campo Boston concede 95.5 punti per 100 possessi, di gran lunga il miglior dato statistico della prima scelta 2011 (l’anno scorso ai Cavs erano 109.1). «Sono felice per lui – spiega Al Horford, centro e vero collante dei biancoverdi –. A volte a uno viene data un’etichetta e gli resta addosso per tutta la carriera, anche se non è corretta». Il 95.9 di squadra sarebbe poi il top degli ultimi 13 anni, ovvero da quando gli Spurs nel 200304 chiusero a 95.8.
RIMBALZI Altro punto debole della squadra 2016-17 erano i rimbalzi. Ora, non tanto grazie all’arrivo del centro Aaron Baynes (che comunque una mano la dà), ma al miglior posizionamento dei giocatori in campo al momento del tiro avversario, i Celtics sono quarti per percentuale di rimbalzi difensivi catturati e secondi in quelli totali sotto il loro canestro. Il tutto con un quintetto che schiera un rookie di 19 anni, Jayson Tatum, e un 2° anno di 21, Jaylen Brown. E che ha pescato un jolly in Jesusemilore Talodabijesu (ma lo chiamano Semi...) Ojeleye, scelto col 37 al 2° giro nell’ultimo draft. «Sembra un personaggio del film “300”» ha detto di recente Marcus Smart, suo compagno. Una montagna di muscoli, notevolissimo difensore con un buon tiro da tre (43% nelle prime 11 gare), Stevens non ha perso tempo nel gettarlo nella mischia contro gente come Antetokounmpo sin dalle primissime partite. Quella che doveva essere una stagione perduta con il dramma di Hayward, sta trasformandosi nell’ennesimo capolavoro del Maestro Stevens. E l’ultimo in ordine di tempo di Danny Ainge, il presidente/gm più geniale della lega.