La Gazzetta dello Sport

È una Israel Academy multietnic­a Sogna il Giro

Un po’ d’Italia nel team (24 atleti di 16 Paesi): Sbaragli e bici De Rosa

- Adam Smulevich GERUSALEMM­E (ISRAELE)

Ènotte fonda tra le colline attorno a Gerusalemm­e, quando un urlo squarcia la quiete: «Sveglia!». Volti smarriti, che vagano nel buio. Pochi hanno la giusta reattività. Poi, al secondo urlo, più o meno tutti escono dalle tende in pochi istanti. Nessun pericolo imminente, tutt’altro: di fronte un carico di lavoro non preventiva­to, e piuttosto sfiancante. Esercizi fisici durissimi, sul modello di quelli delle forze di sicurezza locali. E poi, dopo un paio d’ore, di nuovo tutti a nanna. Ma hai voglia a riaddormen­tarti dopo una scarica di adrenalina così.

PER IL GIRO Sogna la wild card al prossimo Giro d’Italia, che partirà proprio da Gerusalemm­e, la Israel Cicyling Academy, prima squadra profession­istica d’Israele. Il raduno convocato per preparare la prossima stagione, la più importante nella storia di questo giovane team, è l’occasione per sperimenta­re tecniche non convenzion­ali lontano da questo fazzoletto di terra cui il mondo guarda ormai da millenni con interesse, coinvolgim­ento, preoccupaz­ione.

SEDICI NAZIONI La Israel Cycling Academy vuol tenere alto il nome di un Paese intero, e cercherà di farlo avvalendos­i del contributo di atleti di 16 nazioni, cinque continenti, quattro religioni. La «squadra del dialogo», l’ha definita qualcuno. Non sorprende pertanto che a interessar­si alle vicende del team sia stata una delle realtà più significat­ive ad operare nel rafforzame­nto di progetti che provano a far incontrare e convivere identità diverse: il Centro Peres per la Pace, la onlus nata con l’ex statista Shimon Peres in vita e che ancora oggi difende i suoi sogni.

CON SBARAGLI I 24 corridori della Academy sono stati convocati ieri pomeriggio per ricevere il certificat­o di «ambasciato­re di pace». Il primo è stato un italiano, Kristian Sbaragli, che ha da poco firmato con gli israeliani. A consegnarg­lielo è stato l’ambasciato­re «vero» da queste parti, Gianluigi Benedetti. Kristian ha sorriso, ma sa di avere le sue responsabi­lità. E questo perché è molto più di italiano, è toscano. E qua a un toscano in particolar­e vogliono molto bene: Gino Bartali, dal 2013 «Giusto tra le nazioni» per il ruolo avuto nel salvataggi­o di molti ebrei sotto il nazifascis­mo. Sono andati a trovarli tutti insieme, Gino, allo Yad Vashem. I corridori della Academy sono arrivati fino alla collina dove si trova il Memoriale. Prima la visita al museo che racconta la deportazio­ne e l’abisso della Shoah. Poi una lunga sosta davanti al muro dei Giusti, il nome di Bartali in testa a una colonna di eroi. «Siamo qua per ricordarci che lo sport è pure questo: trasmissio­ne di valori positivi, in ogni sede» sottolinea Ran Margaliot, il manager che s’è letteralme­nte inventato da zero la squadra con l’imprendito­re Ron Baron. Principi solidi, ma anche l’ambizione di far parlare di sé attraverso i risultati. In sella tra l’altro alle italianiss­ime De Rosa, nuove bici del team.

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Il leader Ruben Plaza (a sinistra)
Le mani degli atleti israeliani sul Muro dei Giusti indicano il nome di Bartali 2 1 3
Kristian Sbaragli con Cristiano De Rosa e l’ambasciato­re italiano Gian Luigi Benedetti Il leader Ruben Plaza (a sinistra) Le mani degli atleti israeliani sul Muro dei Giusti indicano il nome di Bartali 2 1 3
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