La Gazzetta dello Sport

Attenti ai Pumas «Azzurri, quanto ci piace sfidarvi»

Italia al test Argentina: viene da 12 k.o. su 13, ma ci è indigesta. Hourcade: «Il match che ci calza meglio»

- Simone Battaggia

Sette sconfitte di fila. Dodici partite perse nelle ultime 13 giocate. Una sola vittoria dal novembre scorso a oggi, contro la Georgia. L’Argentina che domani sfiderà l’Italia a Firenze sembra una squadra in crisi, un animale ferito su cui avventarsi. Sembra l’avversario ideale perché gli azzurri — che, recuperato Ferrari, saranno in campo con lo stesso XV e due variazioni in panchina, Ruzza per Lazzaroni come 2a linea e Tebaldi per il toscano Gori come 9 — replichino la vittoria di Catania con le Figi e chiudano, per la prima volta dal 2005, la serie dei test di novembre con due vittorie. Sembra più debole degli isolani, anche per via del 10° posto nel ranking. Sembra, ma non è.

NAZIONALI SIMILI Per alcuni versi l’Argentina somiglia molto all’Italia. È l’ultima arrivata in un grande torneo — il Sei Nazioni dal 2000 per gli azzurri, il Rugby Championsh­ip dal 2012 per i Pumas —, dove trova avversari più forti. Anche i Pumas come gli azzurri hanno da sempre ancorato il gioco alla mischia e stanno cercando un rugby più «espansivo», anche loro hanno dovuto rivoluzion­are la struttura interna per sostenere l’alto livello — gli «Jaguares» giocano nel Super Rugby dal 2016 —, anche loro nelle ultime partite hanno pagato dei black out .Prima del test di sabato con l’Inghilterr­a a Twickenham — sono 4 le novità per gli azzurri, rispetto a quella partita —, il c.t. dei Pumas Daniel Hourcade aveva sottolinea­to che la sua squadra scontava un limite mentale. «Dobbiamo cancellare gli alti e bassi. Qualche giocatore ha approfondi­to l’aspetto mentale, alcuni individual­mente con degli psicologi, altri collettiva­mente con gli allenatori».

LE FONDAMENTA Il fatto che Hourcade stia cercando di dare all’Argentina un gioco più adatto al rugby australe non significa che i Pumas abbiano dimenticat­o le loro radici: mischia, gioco al piede, difesa e rigore tattico sono armi che contro un’Italia «timida» hanno spesso funzionato. Se fino alla fine degli Anni Novanta il bilancio tra le due nazionali era in parità (3 a 3 fino al 1998, con un pareggio), da allora i Pumas si sono presi 12 dei 14 scontri diretti, concedendo solo due sconfitte interne, sempre a giugno e sempre a Cordoba: 29-30 nel 2005, 12-13 nel 2008. Il più delle volte, un’Italia solida in conquista ma terribilme­nte sterile in attacco, si è trovata sotto scacco. «Il match di Firenze è quello che ci si addice meglio — diceva Hourcade —. Può essere una bella partita». Sembra una minaccia.

POSSESSO Se a Catania gli azzurri hanno tarpato le ali alle Figi nascondend­o loro la palla — cinque touche rubate e grande continuità nel possesso —, contro i Pumas sarà più difficile. Nel match perso 21-8 con l’Inghilterr­a, gli argentini hanno avuto il 62% del possesso e il 68% del territorio. Hanno segnato una meta, buttando via però 14 punti al piede — uno su sei dalla piazzola col «Mago» Hernandez (2 errori), Sanchez (2) e Boffelli (1) —, e hanno concesso solo 9 calci. Hanno perso una sola mischia e vinto 16 touche su 16. Insomma, all’Argentina è difficile togliere la palla e segnare. Per la nuova mischia azzurra, e in particolar modo per la prima linea Ferrari-Bigi-Lovotti, sarà un battesimo del fuoco. Ieri Conor O’Shea ha messo in guardia dai facili entusiasmi. «Non credo proprio che siano in crisi. Loro vogliono tenere la palla, molto più rispetto alle altre squadre. La nostra sfida sarà avere pazienza. Noi dobbiamo essere più precisi nel finalizzar­e. Nel primo tempo con le Figi abbiamo creato molte opportunit­à, sarei felice se contro l’Argentina avessimo le stesse chance». Non sarà facile.

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Il capitano Pumas Agustin Creevy, 32 anni, e l’inglese Robshaw

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