Tunisini filo-Isis non vanno in cella «È la procedura»
Cinque nordafricani accusati di terrorismo Il gip negò l’arresto e ora serve il sì della Cassazione
«Arresti non eseguibili». E così, cinque tunisini accusati di terrorismo internazionale, fra i 25 e i 30 anni di età, non finiscono in cella: tre di loro si trovano agli arresti domiciliari per droga, fra Pisa e Varese, gli altri due invece sono liberi e uno di loro è già stato espulso nel 2016. Accade a Torino, dove la Procura aveva chiesto, il 17 maggio, che scattassero le manette, ma un gip, il 21 giugno, aveva respinto l’istanza. Il pm Andrea Padalino ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame del Piemonte, che nei giorni scorsi gli ha dato ragione. L’ordinanza dei giudici, tuttavia, non diventa esecutiva perché gli indagati possono ancora ricorrere in Cassazione. I cinque sono sospettati di avere formato in Italia un gruppo collegato all’Isis: fingevano di studiare lingue all’università, certificavano falsamente di aver passato gli esami per non perdere il permesso di soggiorno, spacciavano per mantenersi. Nel 2015, indagando su false dichiarazioni di studio, i carabinieri scoprono la loro doppia vita, la loro ideologia salafita, i contatti con foreign fighters: come due loro amici, che volano in Medio Oriente per combattere con l’Isis e che i cinque salutano su Facebook. Uno dei due è Wael Labidi, in Italia dal 2010 e che nel 2016 muore combattendo in Siria: Labidi aveva conosciuto proprio uno dei cinque connazionali che stanno evitando il carcere, Bilel Chihaoui, nell’ambiente dei pusher e dei tossicodipendenti a Torino, dove gli arruolatori dell’Isis trovano giovani senza lavoro né futuro, facilmente plasmabili. E Labidi si farà fotografare insieme allo jihadista che, nel 2015, cattura il pilota dell’aviazione della Giordania poi arso vivo.
LIBIA Ma perché i cinque tunisini, che in seguito si sono stabiliti a Pisa, non possono finire in cella? È la procedura penale a non permettere, dopo l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino, l’arresto immediato. Dal momento del deposito in cancelleria del provvedimento (in questo caso, il 10 novembre) la difesa ha dieci giorni di tempo per interpellare la Cassazione. Solo dopo la pronuncia della Corte sarà possibile portare gli indagati in carcere. Se invece a decidere fosse stato il gip, si sarebbe proceduto immediatamente: ma il magistrato aveva respinto la richiesta degli arresti, perché, malgrado il rischio-radicalizzazione, i cinque non avevano commesso reati. La difesa può ricorrere in Cassazione non per contestare le accuse della procura, ma per questioni di legittimità dell’ordinanza. Anche le ordinanze dei gip sono impugnabili ma, a differenza di quelle dei Tribunali del Riesame, sono subito esecutive. Adesso il Riesame evidenzia «la manifesta ed espressa adesione alla ideologia della jihad estremista e violenta» da parte dei tunisini, due dei quali presero anche parte a un comizio in Tunisia di Ansar alSharia, gruppo estremista. E il ministro degli Esteri Angelino Alfano rilancia: «Dopo la sconfitta dell’Isis in Iraq e in Siria, i combattenti stranieri possono tornare in Libia e, da lì, in Europa».