L’ex pro’ Gavazzi chiama E Cassani risponde «Uscire dal buio si può»
Il c.t. nella Comunità InExodus dove Mattia ha vissuto 7 mesi: «Storie che fanno piangere, ma non bisogna smettere di lottare»
«Ogni strada ha la sua salita». Davide Cassani, il c.t. del ciclismo azzurro, è stato accolto con questa frase incisa su una scultura realizzata da Massimo, un alcolista ipovedente nella «Casa di Enzino». Venerdì sera, Garda di Sonico, ValCamonica: buio, montagna dura, posto isolato. Mistico. Questo ex convento è da qualche anno la base della cooperativa InExodus, costola della Comunità Exodus, che si occupa del recupero dalle dipendenze. Qui ci sono 24 ospiti che si dedicano all’allevamento della capra bionda dell’Adamello e a vari lavori edili. L’anima del posto, il responsabile, è Fortunato Pogna, 60 anni, che 22 anni fa ha incontrato Don Mazzi e ha iniziato, tra enormi difficoltà e cattiverie, un nuovo cammino.
GLI AMICI L’idea della serata è stata di Mattia Gavazzi — 34enne ex velocista, pro’ dal 2006 al 2016, 29 vittorie in carriera — che a causa della cocaina ha lasciato il ciclismo e che qui ha vissuto sette mesi. Per stargli vicino, oltre a Cassani, sono saliti fin quassù Marco Zamparella, suo ex compagno all’Amore&Vita, e Giovanni Ellena, che da guida tecnica ai tempi dell’Androni è diventato amico di Mattia. «Qui sono stato bene e Fortunato con i suoi ragazzi mi ha aiutato molto — ha spiegato Gavazzi —. Mi sembrava giusto fare almeno una piccola cosa per loro». Tra un pezzo di spiedo e l’altro ci sono le testimonianze di Andrea e Marisa. Parole semplici ma che ti scuotono e ti entrano nel profondo. Fanno riflettere. Cassani è serio: «Queste sono serate che ti fanno pensare, ti fanno capire quanta gente soffre davvero e sta male. Sono tanti quelli che, per dipendenze o violenze, per colpa loro o di altri, si trovano in un vicolo buio. Sono storie che ti fanno piangere. Questo posto, una serata così, ti impone delle riflessioni. E poi qui ci sono persone straordinarie che si dedicano completamente al prossimo». «Non so se la mia presenza vi abbia portato un sorriso o una speranza — ha detto Cassani agli ospiti della Comunità — ma di certo è un incontro che a me fa tanto bene. Io mi auguro che serate così vi aiutino a non smettere di lottare». Tra una battuta e una dichiarazione di guerra alla droga e contro la liberalizzazione di quelle leggere, Fortunato dice: «Io non ho grandi meriti, ho solo avuto la fortuna di incontrare gente più brava di me». Cocaina, eroina: certo. Ma anche una piaga molto più diffusa e per molti innocua: l’alcol. Che anche tra molti ciclisti, incredibilmente, va di moda. «Abbiamo in comunità un tredicenne alcolizzato», dice con rabbia Fortunato. Questo posto dove si può incontrare Dio è lungo una strada nel bosco in salita. Una salita che per troppi non finisce mai.