F1: ieri 100 giri in Williams IL SOGNO DI KUBICA «MI SENTO PRONTO»
L’ultima immagine è una stanza dell’ospedale di Pietra Ligure, dove Robert Kubica è ricoverato a causa del tremendo incidente nella Ronde di Andora. Fa caldo, lui però sente freddo e col braccio sano, il sinistro, tira su il lenzuolo per coprirsi. Sa che tornare a correre sarà una impresa quasi impossibile, ma non ne parla. Silenzio. Poi d’improvviso gli escono due lacrime e trattiene a stento il pianto: «Ho fatto soffrire mia madre, non riesco a perdonarmelo».
Non è più l’eroe delle piste, ma un uomo solo che ha davanti l’incubo di una lunga convalescenza. È inghiottito dai rimorsi, non può neanche rigirarsi nel letto perché è bloccato non soltanto dal braccio destro salvato per miracolo, ma anche da una gamba rotta. Le domande senza risposta che ossessivamente continua a porsi si sciolgono 19 mesi dopo, quando il 9 febbraio 2012 riprende incredibilmente a gareggiare in un mini-rally a Biella. E vince con la potente Subaru Impreza. Passano pochi mesi ed è al via del Rally di Montecarlo con una Ford: le prime due prove speciali sono sue. La nuova disciplina lo conquista, fra lampi velocistici e incidenti mozzafiato. «Non penso più alla Formula 1», dice in pubblico. Invece ci pensa eccome: era il suo mondo, ciò a cui aveva dedicato la vita, nel 2012 avrebbe corso con la Ferrari accanto ad Alonso. Non sa farsene una ragione, nonostante il braccio sia limitato nei movimenti.
La liberazione giunge quando si arrende all’handicap e non ci pensa più. Si allena come un matto, stavolta senza obbiettivi. È nel piacere di accettare le cose come vengono che ritrova la serenità, l’equilibrio. Poi il fulmine: la Renault gli offre un test con una vecchia F.1 sul circuito di Budapest. Come dire di no? Il cervello gli si riaccende, non aspettava altro. Sono trascorsi sei anni dall’ultima volta ad Abu Dhabi nel 2010. Quando s’immerge nell’abitacolo della monoposto è un nuovo inizio. Tre giri soltanto gli danno la certezza di poter tornare. E riprende a comportarsi da pilota, cercando un volante per il 2018. La mente lo porta oltre ciò che il braccio può fare, gli viene tutto facile, automatico. I cento giri di ieri con la Williams lo confermano. «Non rischierei se non mi sentissi davvero pronto», dice. Dall’incubo del 2011 è uscito più analitico e inossidabile dentro, come capitò a Lauda e a Zanardi. Paradossalmente, ad aiutarlo a rientrare c’è un campione che si è invece ritirato, Nico Rosberg. È tutto così strano, così incredibilmente bello. Risalire dall’abisso significa affacciarsi a un’altra vita. Kubica ha ritrovato la libertà interiore senza auto-inganni, è felice come può esserlo soltanto chi è sopravvissuto all’inferno. Ed è pronto per nuovi limiti.