L’ombra lunga di papà LaVar Geniale o dannoso?
Stanchi delle continue critiche del babbo di Lonzo, che ha spedito gli altri due figli in Lituania
Con passo indolente e il sorriso spento, Lonzo Ball si avvicina ai tre piccoli tifosi che indossano le felpe con tre B stampate sul petto: Big Baller Brand, il brand di famiglia. Non sono i centinaia di fan che assediano Stephen Curry e LeBron James prima di una partita, ma domenica scorsa in attesa di fronte al pop-up store di Manhattan c’era una lunga fila di giovani acquirenti: a caccia di magliette e scarpette in vendita a prezzi esagerati.
BRAND Il brand di famiglia è l’idea di LaVar Ball, il padre-padrone che ha mandato a quel paese le grandi aziende di abbigliamento, pronte a offrire a Lonzo (scelto dai Lakers come n° 2 al draft), un assegno da almeno 2 milioni. Un gesto geniale o da stupido: ancora non è chiaro. I clienti erano lì per comprare e vedere da vicino i Ball: pure LiAngelo di 19 anni e LaMelo di 16, gli altri due figli con potenzialità (forse) di andare nella Nba. In verità, reclamavano LaVar. Scherzava l’altra sera Lonzo: «Chiamavano mio padre “leggenda” e urlavano che LaVar era il loro eroe: divertente». Può sembrare buffo, ma è così. E’ lui, questo signore arrogante e rumoroso, il più ricercato dai media. Ogni sua frase è una pugnalata alla schiena di molti suoi bersagli: non figure anonime, tutti personaggi famosi. Sostiene che Lonzo sia più bravo di Curry. Che Jason Kidd, uno dei migliori play della storia Nba a cui spesso paragonano il figlio, abbia vinto troppo poco: «Lonzo lo farà sicuramente di più». Ha liquidato il centro di Philadelphia, Embiid, in tre parole: «Non sa proprio giocare. Ah, scusate erano 4». Ha stuzzicato persino LeBron James e in una delle spacconate