La Gazzetta dello Sport

«Verona, ritrova lo spirito anni 90»

Punì il Milan di Sacchi: «Gol storico, non bastò per restare in A. Spero che ora vada meglio»

- Matteo Fontana VERONA SABATO 16 DICEMBRE 2017

L’anti-Diavolo è tornato in Argentina, a Cordoba. In Italia ha lasciato un pezzo di cuore. Appena gli parli di Verona la voce si fa nostalgica: «La città, la gente, la squadra. Ero giovane. Trovai una nuova casa, amici autentici. Una grande famiglia». Victor Hugo Sotomayor arrivò all’Hellas nell’estate del 1989. Ci giocò fino al 1991. Il suo nome evoca ricordi sinistri al Milan. La seconda «fatal Verona», quella del 22 aprile 1990, cominciò con lui.

Sotomayor, sulle pareti delle stanze di qualche tifoso gialloblù c’è la foto di quel suo gol?

«Sul serio? Beh, chi se lo scorda... Noi sul filo della retrocessi­one, il Milan a un passo dallo scudetto. Soltanto vincendo avremmo avuto ancora delle speranze. E loro, invece, erano i campioni del mondo. Una macchina da guerra con Sacchi al comando. Baresi, Maldini, Rijkaard, Van Basten, Gullit. Noi, gente che battagliav­a tra le difficoltà. Uomini veri guidati dal più grande di tutti: Osvaldo Bagnoli».

Il Milan era impegnato con il Napoli in un testa a testa per il titolo. Andò in vantaggio con Simone, ma poi...

«Poi Pierino Fanna, il capitano, batte un calcio d’angolo. Una traiettori­a formidabil­e, di quelle che soltanto lui poteva imprimere al pallone. Salgo di testa. Colpisco ed è una fucilata. Gol. Il Bentegodi scoppia».

E il Milan perse la testa.

«Sacchi era già stato allontanat­o per proteste. Di lì in avanti successe di tutto. Fu espulso Rijkaard. Van Basten si tolse la maglia e pure lui venne cacciato. Negli ultimi minuti Davide Pellegrini segnò il 2-1. Costacurta s’infuriò con il guardaline­e: altra espulsione. Vincemmo noi. Una locura, una pazzia. La settimana dopo purtroppo perdemmo a Cesena e andammo in B, ma quel giorno d’aprile è rimasto nella storia».

Come si spiega, a distanza di anni, il crollo del Milan?

«Se la presero con l’arbitro, Lo Bello, ma la verità è che erano stanchi. Al mercoledì avevano giocato la semifinale di ritorno di Coppa dei Campioni con il Bayern, passando il turno ai supplement­ari. In più erano nervosi, perché sapevano che al minimo errore il Napoli li avrebbe sorpassati. Fu così, e lo scudetto lo vinse il mio amico Diego Maradona».

Lei, però, non aveva ancora finito di castigare il Diavolo.

«Era scritto nel destino. Nel 1994 ero in campo a Tokyo con il Vélez Sarsfield per la finale della Coppa Interconti­nentale. Il Milan di Capello era un’armata invincibil­e. Non per noi. Rigore di Trotta, poi el Turco Asad fece il 2-0. Come per la vittoria del Verona di quattro anni prima, non ci credeva nessuno».

L’Hellas di oggi può credere, invece, in un successo con il Milan?

«Deve. Da qui cerco sempre di guardare le partite. La classifica è complicata, ma con lo spirito che avemmo noi nel 1990 può salvarsi. Ci mancò pochissimo per compiere quell’impresa. Sarebbe splendido se i ragazzi che ci sono ora la realizzass­ero, a cominciare dalla sfida al Milan».

Passa spesso da Verona?

«Ogni anno, se possibile. Sono sempre in contatto con Claudio Avesani: era il titolare del ristorante in cui andavo a mangiare quando giocavo nell’Hellas. Verona è un posto unico. Lo amiamo, io, mia moglie Cecilia e i miei figli Ezequiel e Gaston».

I tifosi le dedicarono un coro scandito sulla melodia della sigla del telefilm della «Famiglia Addams».

«Oh sì, è una cosa indimentic­abile. Come faceva il coro? Ecco: “Sotomayor, Sotomayor, Sotomayor” (canticchia, ndr), con le dita che schioccava­no. Mi vengono ancora i brividi, a ripensarci oggi. Quel giorno allo stadio c’erano 40.000 persone e molti tifosi erano rossoneri, ma il Bentegodi era la nostra terra e ai milanisti non gliel’avremmo mai lasciata senza lottare. Deve farlo anche questo Verona».

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GRIGOLINI Victor Sotomayor, 49 anni, cresciuto nel Racing Cordoba

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