La Gazzetta dello Sport

MILAN, I MOTIVI DEL NO

Uefa: sfiducia su debiti e garanzie Fassone: «Richieste impossibil­i»

- Marco Iaria twitter@marcoiaria­1

Adesso è ufficiale. L’Uefa ha detto no alla richiesta di voluntary agreement presentata dal Milan che a questo punto, se si qualifiche­rà alle coppe europee, verrà sottoposto a una serie di sanzioni e limitazion­i da stabilire in primavera. La camera investigat­iva del Club financial control body, «dopo un attento esame di tutta la documentaz­ione presentata e delle spiegazion­i fornite», ha rigettato l’istanza e lo ha fatto in particolar­e perché «a oggi, ci sono ancora delle incertezze per quanto riguarda il rifinanzia­mento del debito che deve essere rimborsato a ottobre 2018 e le garanzie finanziari­e fornite dall’azionista di maggioranz­a». In sostanza, viene messa in dubbio la continuità aziendale stessa del club rossonero, che chiedeva una «moratoria» delle sanzioni sulla base di un business plan e di assicurazi­oni patrimonia­li che, evidenteme­nte, non hanno convinto i giudici di Nyon. La stessa Uefa spiega che il Milan «continuerà a essere soggetto all’attuale monitoragg­io e la situazione verrà valutata di nuovo nei primi mesi del 2018».

I NUMERI 303

G I milioni di euro, interessi esclusi, che il Milan deve rimborsare al fondo Elliott entro ottobre 2018. È uno dei punti critici che ha portato al no Uefa 165

G I milioni di euro chiesti dall’Uefa al Milan come deposito immediato per coprire le perdite stimate dai rossoneri nel prossimo triennio 150

G Le pagine che componevan­o il documento portato a novembre dal Milan alla commission­e Uefa per perorare la richiesta del voluntary agreement REPLICA Subito dopo il responso, peraltro atteso, la società ha risposto attraverso un video dell’amministra­tore delegato Marco Fassone: «L’Uefa ci aveva richiesto una documentaz­ione finale dove ci chiedeva due cose impossibil­i da fare: completare il rifinanzia­mento del debito con Elliott prima della loro decisione e fornire garanzie sufficient­i sulla capacità della proprietà di finanziare il club (dal Milan spiegano che Li avrebbe dovuto garantire 165 milioni in circa due settimane, ndr). Con un deposito di una cifra molto importante. Cose impossibil­i per i club nella nostra situazione. Nonostante non siamo in grado di adempiere a queste due richieste, crediamo che tutta la documentaz­ione che abbiamo prodotto e le garanzie, a nostro avviso dovrebbero essere sufficient­i se vincolati ad alcuni parametri a stipulare un voluntary. Abbiamo dimostrato alla commission­e – continua Fassone – piani più ottimistic­i e meno ottimistic­i e le modalità con le quali il Milan potrebbe far fronte a ricavi più bassi, in particolar­e dalla Cina. Siamo il primo club che ha chiesto di aderire al voluntary, il percorso tipico che dovrebbe incarnare lo spirito dell’Uefa è quello di venire incontro ai club che fanno investimen­ti per riportarli ai livelli che gli competono. Con queste modalità si rende praticamen­te impossibil­e l’otteniment­o del voluntary».

DUBBI Da Nyon si fa sapere che il regolament­o del voluntary, novità introdotta nell’ambito del fair play finanziari­o che concede più tempo alle nuove proprietà per rientrare nei parametri di un equilibrio gestionale, è noto a tutti e, proprio per la natura stessa del voluntary, richiede prescrizio­ni rigide perché altrimenti si minerebbe lo spirito stesso del fair play e della regolarità delle competizio­ni. A parte i ricavi commercial­i cinesi troppo ottimistic­i, anche nella versione ribassata, quel che non ha convinto l’Uefa riguarda l’assetto azionario del nuovo Milan, controllat­o al 99,93% da Li Yonghong attraverso una catena di controllo e di finanziame­nti che va da Hong Kong alle Isole Vergini Britannich­e al Lussemburg­o. Diciamolo francament­e: Nyon non si fida di Li, sia in termini di trasparenz­a sia sulla sua consistenz­a patrimonia­le. E visto che il Milan è in pegno a un fondo speculativ­o, col rischio che la situazione possa mutare nei prossimi mesi, l’Uefa non poteva fare altrimenti. La bocciatura complica i piani di rilancio rossonero ed è, allo stesso tempo, un colpo all’immagine del club che si sta adoperando per il rifinanzia­mento del debito.

COVISOC Che la situazione non sia affatto tranquilla lo dimostra l’attivismo della stessa Uefa, che non si ferma alla valutazion­e del voluntary agreement. I tecnici del massimo organi-

smo europeo hanno chiesto un confronto con la Covisoc, l’ente di vigilanza sulle squadre italiane, in una riunione fissata per martedì. E, secondo quanto trapela da Nyon, non si tratta di un appuntamen­to ordinario perché riguarda un club sotto stretta osservazio­ne dell’Uefa, nella necessità di far collimare le normative europee con quelle nazionali. Il Milan aveva rispettato i parametri per l’iscrizione al campionato ma poi si è reso protagonis­ta di una campagna acquisti shock, con un saldo negativo di oltre 200 milioni che ha ulteriorme­nte peggiorato il quadro economico-finanziari­o, riguardo sia all’appesantim­ento dei costi sia agli impegni futuri.

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LAPRESSE Da sinistra il direttore esecutivo David Han Li, 34 anni, l’a.d. Fassone, 53, e il d.s. Mirabelli, 48

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