VITAMINA MAZZARRI PER IL NUOVO TORO
Finalmente nel Torino ho visto un barlume di squadra. La cosa che più mi è piaciuta di Mazzarri è che non ha cambiato modulo, dimostrando umiltà e coraggio allo stesso tempo. Con il presuntuoso Mihajlovic c’erano soltanto giocate di pochi (Ljajic e Iago Falque). Tifavo per Gasperini, uno dei migliori allenatori, ma quello che mi ha sempre colpito di Mazzarri è il suo staff, capace di far rendere fisicamente sempre al meglio i giocatori. Ora vedremo le prossime partite, ma quello che più conta è che la squadra, al di là del modulo, abbia un’anima, come in parte si è già visto contro il Bologna.
Giorgio Calvi, Ventotene (Latina)
Un allenatore non si giudica da una partita, tanto meno la prima, ma dalla sua carriera. E allora benvenuto a Mazzarri sulla panchina del Torino e più in generale bentornato nel calcio italiano. Visto che il presidente Percassi non ha alcuna intenzione di liberare Gasperini a fine stagione, il suo collega granata Cairo non poteva fare una scelta migliore, nel momento migliore, per il presente e per il futuro. Ma, a scanso di equivoci, Mazzarri non può essere considerato una seconda scelta. Semmai una scelta ritardata, perché Cairo lo avrebbe voluto già dieci anni fa, prima del suo ottimo lavoro alla Samp, al Napoli dove subentrò in corsa come stavolta, e all’Inter. Sì, anche all’Inter, contrariamente a quanto suggeriscono i luoghi comuni, perché Mazzarri dopo la deludente stagione di Stramaccioni, arrivato soltanto nono (peggior piazzamento della gestione Moratti) aveva riportato i nerazzurri in Europa chiudendo al quinto posto. E la stagione successiva, quando fu esonerato nel momento più difficile a livello societario per la staffetta Moratti-Thohir, l’Inter senza grandi acquisti, con i vari Dodò, Vidic, M’Vila, Kuzmanovic e Osvaldo, che non poteva permettersi di spendere tre milioni per Rolando, era nona ma ad appena tre punti dal quinto posto della Lazio, ancora in corsa in Coppa Italia ed Europa League e con la possibilità di scavalcare il Milan nella giornata successiva. Per la storia, spesso dimenticata, il suo acclamato successore Mancini, nonostante i cinque rinforzi invernali (Podolski, Shaqiri, Brozovic, Santon e Felipe) ha poi chiuso soltanto all’ottavo posto, senza Europa, eliminato nelle due coppe.
Abituato a lavorare giorno e notte, Mazzarri sfrutterà questa settimana senza allenamenti per conoscere a fondo, nei filmati e nelle relazioni, le caratteristiche e le condizioni dei suoi giocatori, grazie all’esperienza del medico Rudy Tavana e al suo eccellente e affiatato staff, di cui fanno parte il vice Frustalupi, il preparatore atletico Pondrelli, i collaboratori Corradini, Miggiano, Nitti e il coordinatore dell’area tecnica Santoro, il suo fidatissimo dirigente che tra l’altro scoprì Insigne. I dettagli sono importanti, come ripete spesso Cairo, e nel calcio proprio con la cura dei particolari si crea l’anima della squadra, da non confondere con la grinta e tantomeno con i moduli. Mazzarri, infatti, come ricorda il signor Calvi, al suo esordio è partito con la stessa difesa a quattro utilizzata da Mihajlovic, perché non ha soltanto un’idea tattica. Semmai ha fretta di entrare nella testa dei giocatori, per riuscire a farli esprimere al massimo. Non a caso lo svizzero Dzemaili, tra l’altro ex Toro, ci ha detto recentemente che Mazzarri, con cui giocò a Napoli, è stato il miglior allenatore avuto in carriera, perché con lui tutti conoscono le caratteristiche degli avversari e così vanno in campo sapendo che cosa fare. A questo punto, quindi, ai tanti tifosi del Toro sparsi in Italia, isole comprese, non rimane che aspettare con fiducia. Perché Mazzarri è l’allenatore giusto al posto giusto. In attesa che torni un certo Belotti, per far decollare definitivamente il nuovo Toro con la nuova anima.