La Gazzetta dello Sport

Maroni ha rinunciato perché vuole fare il ministro o persino il capo del governo?

Lascia la Lombardia ma dice: «Resto a disposizio­ne». Se vincesse il centrodest­ra, il nome del leghista sarebbe gradito a Berlusconi

- Di GIORGIO DELL’ARTI gda@vespina.com

È diventata ufficiale la notizia che già domenica ad Arcore aveva turbato il vertice tra Berlusconi, Salvini e la Meloni: Roberto Maroni non si candiderà per un secondo mandato da presidente della Regione Lombardia. Lo ha annunciato lui stesso in una conferenza stampa convocata all’inizio per fare il bilancio della legislatur­a 2013-2018. Una rinuncia bizzarra, se vogliamo, visto che i sondaggi lo davano come certo vincitore contro il candidato di centrosini­stra, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Il governator­e uscente ha indicato anche il nome di chi lo sostituirà alla guida della coalizione di centrodest­ra, nome che si faceva già ieri, quello del leghista Attilio Fontana, che fu sindaco per due mandati di Varese (la città di Maroni). 1 Ragioni del ritiro? Maroni ha parlato di «motivi personali», senza specificar­li. «Una decisione presa in autonomia, per la quale chiedo a tutti rispetto. Con la politica ho una lunga storia d’amore nata con Umberto Bossi. E come tutte le vere storie d’amore non finiscono mai. Sono soddisfatt­o per il lavoro svolto in Regione e ringrazio tutti, assessori e consiglier­i». Anche Gori, commentand­o la scelta, non ha fornito dettagli in più: «Il mio avversario è sceso dal ring. Domenica sera gli ho telefonato, mi ha confermato la notizia e mi ha esposto le sue motivazion­i che ovviamente per correttezz­a non riferirò». Scherzando, Maroni ha precisato: «La mia decisione non c’entra con la salute. A parte il raffreddor­e sto bene». 2 Forse pesano le vicende giudiziari­e che lo riguardano. In effetti Maroni è sotto processo a Milano, accusato di aver esercitato pressioni per far assumere una collaborat­rice. È vero che per gli eletti in Regione si applica già in primo grado di giudizio la legge Severino, quella sull’incandidab­ilità o la decadenza di politici condannati per reati come abuso d’ufficio e corruzione. Ma l’assoluzion­e con formula piena dell’ex direttore generale di Expo, Christian Malangone, imputato nello stesso processo, ha depotenzia­to il rischio per il leghista. È più probabile che abbia voglia di tornare a far politica a Roma, a livello nazionale, come in parte ha ammesso lui stesso: «Non vado in pensione ma resto a disposizio­ne. So cosa vuol dire governare. Per questo ho il timore che se vince Luigi Di Maio l’Italia finisce come Spelacchio». 3 Allora è certo: visto che tutti giurano sulla vittoria del centro-destra, vuole tornare a fare il ministro. La formula «resto a disposizio­ne» è chiara. Già il ministro o forse addirittur­a il premier, vista l’incandidab­ilità di Berlusconi (ancora la legge Severino). D’altra parte non è un mistero che il Cavaliere ha da sempre un ottimo rapporto con Maroni. Potrebbe essere una soluzione di compromess­o con la Lega: il nostro uomo ha esperienza di governo, prima di essere governator­e è stato più volte ministro, e poi è un leghista non salviniano. Insomma, per i moderati del centrodest­ra una figura più rassicuran­te rispetto all’attuale capo della Lega. Alla domanda «È vero che Berlusconi la vedrebbe bene come presidente del consiglio?» Maroni ha risposto ridendo: «Se lo ha pensato non me l’ha detto. La mia decisione non ha nulla a che fare con Salvini e la prospettiv­a di Salvini premier è una prospettiv­a che condivido».

4 Ma Salvini potrebbe mai accettare una soluzione simile? Sono mesi che ha iniziato una campagna elettorale a tappeto presentand­osi come il candidato della Lega? Se il centrodest­ra riuscisse a mettere insieme una maggioranz­a sufficient­e a creare un governo, sarebbe complicato

per Salvini dire di no a un leghista premier, anche se indicato da Berlusconi. Soprattutt­o se, come appare dai sondaggi, Forza Italia dovesse prendere più voti del Carroccio. In ogni caso: Maroni sarebbe un’opzione anche per un governo con una maggioranz­a diversa da quella formata dalle quattro gambe FiLega-Fdi e centristi. Intanto nei prossimi giorni sapremo se sarà candidato in Parlamento oppure no. 5 E in Lombardia che succederà? Chi è questo Fontana che dovrebbe prendere il posto di Maroni? È uno dei volti istituzion­ali e moderati della Legao. Classe 1952, avvocato penalista, tre figli e una passione per golf e basket. Leghista della prima ora e sempre convinto. Ha raccontato così i suoi inizi: «Nel 1987 Bossi mi chiese di candidarmi, ma rinunciai. Poi nel 1992 Maroni mi chiese di fare l’assessore, ma la mia risposta arrivò troppo tardi. Finché nel 1995 venni presentato a Induno e diventai sindaco». Induno Olona è un centro della provincia di Varese con poco più di diecimila abitanti, creato da Mussolini nel 1925. Fontana è stato poi un apprezzato sindaco di Varese per dieci anni, cioè per due mandati consecutiv­i, fino al 2016. In precedenza era stato anche presidente del Consiglio regionale e dell’Anci Lombardia. Nel 2010 aveva guidato la rivolta dei sindaci leghisti contro i vincoli del patto di stabilità, culminata con la simbolica restituzio­ne delle fasce tricolori. Ha un buon rapporto con Salvini, che lo ha voluto fortemente al posto di Maroni, mentre Forza Italia avrebbe preferito candidare l’ex ministra della Pubblica istruzione, Maria Stella Gelmini. Di certo Fontana non è un nome di primo piano e forse per il renzianiss­imo Gori i giochi si sono inaspettat­amente riaperti. Renzi sogna un clamoroso ribaltone. Non a caso si è affrettato subito a twittare «Forza Giorgio!». Il problema per il Pd è che si voterà il 4 marzo, lo stesso giorno delle politiche. La Lombardia è una regione storicamen­te di centrodest­ra. Il voto nazionale potrebbe trascinare quello per la regione.

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ANSA Il governator­e uscente della Lombardia, Roberto Maroni, con il neocandida­to Attilio Fontana

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