La Gazzetta dello Sport

Gattuso deciso «In trasferta con cinismo»

●«Locatelli resta. Se perdevo il derby mi cacciavano e lui giocò» Poi precisa: «Nessun aut aut»

- Luca Bianchin INVIATO A MILANELLO (VARESE)

Rino Gattuso, uomo di mondo da ragazzino, fatica lontano da casa. Il suo Milan nelle prime quattro trasferte ha pareggiato con Benevento e Fiorentina e perso con Rijeka e Verona. Gattuso ieri ha precisato che i problemi non cominciano con lui - Montella perse quattro trasferte su sette in A - ma il tema è attuale. Il Milan in trasferta peggiora molti dati chiave. Palloni toccati in area avversaria: 22,33 (a San Siro sono 36,67). Tocchi in area concessi agli avversari: 18 (a Milano 12,6). Occasioni create: 10,67 (in casa 18). Nella città più decisiva dell’ultima A, dove il Cagliari ha fatto 36 punti su 47, è tempo di svoltare: «Fatichiamo? Non è un caso, dobbiamo giocare da squadra anche in trasferta, creare e dare la mazzata quando serve. Bisogna fare una grande partita anche a livello fisico, loro giocano tanto sulle seconde palle e sono molto forti sui duelli».

ANDRÉ E DINHO Il mercato, altrove totalizzan­te, è giusto in un paio di piccoli casi. Torna Gattuso: «Locatelli per me deve rimanere. La mia partita piu importante è stata il derby, se perdevo forse mi cacciavano via, e lui l’ha giocata da titolare. Ora deve pedalare, il suo momento arriverà. Con tutto il rispetto, 10-12 partite al Milan valgono 25-30 altrove». Riguardo quel «forse mi cacciavano via», più tardi ha precisato: «La società non mi ha dato nessun aut aut, la mia è stata solo una provocazio­ne dialettica». Invece nessuna provocazio­ne, al massimo una battuta, sul futuro suo e di André Silva: «Non ho il pensiero “devo rimanere devo rimanere”. Può anche essere che poi vado a Gallarate ad allenare gli Esordienti... André è molto forte. Devo trovare il momento giusto per metterlo in campo». Il momento più divertente della conferenza però arriva nel finale: «Un ricordo su Ronaldinho? Uno dei 10 più forti al mondo. Non l’ho mai visto arrabbiato. A volte gli dicevo “chi hai da ridere?” ma lui era questo. Chapeau. Da avversario, una volta ho chiesto il cambio perché non me l’aveva fatta mai vedere. Mi gira ancora la testa...».

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