La Gazzetta dello Sport

VIVA WEAH «Così io ce l’ho fatta e so che ce la farà anche la mia Liberia»

DOPO L’ELEZIONE GEORGE È COME UN MESSIA. LUI NON SI TIRA INDIETRO: «HO GLI OCCHI DEL MONDO ADDOSSO, NON VEDO L’ORA D’INIZIARE»

- IL REPORTAGE di FILIPPO MARIA RICCI INVIATO A MONROVIA (LIBERIA) @filippomri­cci © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Viaggio a casa dell’ex milanista, che domani a Monrovia diventa presidente. E gioca ancora...

La Liberia ha bisogno di luce. E ha deciso di andarla a cercare nel personaggi­o più luminoso della lunga e sempre travagliat­a storia del Paese: George Weah. La Liberia è al buio: atterri di notte e Monrovia, capitale da oltre un milione di abitanti, quasi non si vede. Di giorno, l’elettricit­à va e viene senza sosta. La strade sono poche, la sanità malferma, l’educazione balbetta, di soldi meglio non parlare, acqua potabile scarsissim­a, e potremmo continuare. Eppure toccando terra oltre che dal calore si viene abbracciat­i da un’eccitazion­e palpabile, generata esclusivam­ente dall’elezione a Presidente della Repubblica di George Weah. Nel ballottagg­io contro l’ex vicepresid­ente Joseph Boakai, Weah ha preso il 61,5% dei voti contro il 38,5% del rivale. Che ha accettato la sconfitta e anche ieri ha visitato George per augurargli il meglio. Sono 74 lunghissim­i anni che la Liberia non vive una transizion­e politica democratic­a.

MASSIMA POVERTÀ Se c’è una cosa che in Africa non muore mai è la speranza. Pianta sbatacchia­ta ma mai sradicata, nonostante guerre, epidemie, saccheggi, povertà, colonialis­mo. In Liberia la gente si è attaccata a Weah come a un liberatore, un messia che sperano possa far ripartire il Paese dopo due guerre civili che hanno causato 250.000 morti e il flagello dell’ebola. Il 54% della popolazion­e vive sotto la linea della povertà, un milione e 300.000 persone addirittur­a in condizioni di povertà estrema e la maggioranz­a della gente deve sopravvive­re con un reddito da un dollaro e mezzo al giorno. Lo scorso anno il Fondo di Sviluppo delle Nazioni Unite ha piazzato la Liberia al 177o posto (su 184) nell’indice di classifica­zione dello sviluppo umano, un misuratore di valori quali aspettativ­a di vita, accesso all’educazione e livello generale di esistenza. PROMESSE DA MANTENERE «Siamo uno degli Stati più vecchi d’Africa e non abbiamo strade, elettricit­à, acqua, lavoro. Non può essere – dice Weah –. Prometto che avremo strade buone e che saranno creati posti di lavoro. E farò ciò che ho promesso, perché so di cosa ha bisogno la Liberia». In questo senso, l’aspettano al varco: sulla strada che dall’aeroporto conduce in città ci sono tanti cartelli, e tutti di grandi dimensioni, che ricordano a Weah di mantenere le promesse elettorali. «Lo so. Il governo precedente ha promesso e non ha mantenuto. Mi chiedono in cosa sarò migliore di loro: ecco, in questo per esempio. E poi voglio un Paese che possa sostenersi da solo, che sia in grado di esportare, che possa rilanciare la sua agricoltur­a».

OPPORTUNIT­À PER TUTTI Domani è il giorno dell’investitur­a: «Non vedo l’ora di cominciare. C’è tanto di quel lavoro da fare che uno dovrebbe spaventars­i, io invece sono eccitato, come la gente. Ce la dobbiamo fare». È fiducioso, George, e spera di trasferire al popolo la sua storia: dallo slum di Santa Clara al palazzo presidenzi­ale: «La gente mi ha votato perché spera che con me tanti altri possano crescere, lavorare, cambiare le proprie vite come ho fatto io. Sanno da dove sono partito, e hanno visto dove sono arrivato. Ce l’ho fatta io, possono farcela tanti altri liberiani. Il mio compito è quello di provare a dar loro l’opportunit­à che ho avuto io». Compito assai arduo.

«IL CALCIO UNISCE» Weah deve tutto al calcio e allora nel protocollo ufficiale del fine settimana che porta all’investitur­a non poteva mancare la partitella, evento clou della giornata di ieri. In campo i rossi, Weah All Stars, contro i verdi. Armed Force Liberia, l’esercito. Nonostante il sole offuscato ma canicolare, un’umidità che sfiora il 90% e qualche chilo di troppo Weah, maglia numero 14 e fascia da capitano, ha giocato 90 minuti e ha segnato il primo dei due gol che hanno permesso alla sua squadra di vincere 2-1. «Spero che l’esercito non se la prenda, io sono un uomo di pace!». Scherza George. Poi, serio: «Quando eravamo in guerra, e lo siamo stati a lungo, l’unica cosa che univa la gente era il calcio. Mi sembra giusto rendere omaggio a questo sport con una partitella. E poi ora non so quando potrò tornare a giocare…».

UN EX CALCIATORE CAPO DI STATO? SO COSA SERVE ALLA MIA GENTE

GEORGE WEAH

SUI DUBBI NEI SUOI CONFRONTI

IN GUERRA SOLO IL CALCIO CI UNIVA: GIUSTO INIZIARE CON UNA PARTITA

GEORGE WEAH SULL’ESIBIZIONE DI IERI

Calcio d’inizio dell’ambasciatr­ice statuniten­se, con la quale George ha chiacchier­ato fitto fitto nell’intervallo: l’appoggio statuniten­se è stato fondamenta­le nel recente passato, Barack Obama ha aiutato la presidente uscente Ellen Sirleaf, prima donna eletta a governare un Paese africano, nella crisi dell’ebola e non solo, e bisogna vedere cosa riserva alla relazione tra i due Paesi il futuro targato Donald Trump, visto che il presidente americano ha appena definito «shitholes» i Paesi africani.

«GRAZIE ITALIA» La chiacchier­ata con l’ambasciatr­ice è avvenuta appena prima che nel protocollo della giornata fosse inserita in corsa, e con grande entusiasmo, la consegna del regalo che il Milan ha fatto pervenire a Weah attraverso la Gazzetta, due maglie firmate da Gattuso e dai giocatori: una col 9 che fu di George nell’epopea rossonera e una con l’1 e la scritta «President George». «Grazie, grazie», ripete Weah in italiano prima di lanciarsi in un messaggio che viene dal cuore, sempre nella nostra lingua: «Ci tengo a ringraziar­e gli amici italiani. Nel vostro Paese le cose mi sono andate benissimo e oltre a fare scorta di grandi ricordi da voi ho imparato tanto. In tanti dall’Italia in questi giorni mi hanno scritto e incoraggia­to, oggi posso ricambiare tanto affetto con queste parole: penso che in Italia il mio successo faccia piacere, e non solo ai milanisti ma a tutta la gente che ama il calcio. La mia vita in Italia è stata meraviglio­sa. Oggi sono qui, a casa mia, con il mio popolo e la mia famiglia e sono felice di essere diventato il presidente della Liberia. So di avere gli occhi del mondo addosso, spero di essere in grado di mantenere il mio Paese in pace e di farlo arrivare lontano. Ci tengo a ringraziar­e Silvio Berlusconi, che in passato ha fatto tante cose per me e che mi ha mandato un bel messaggio quando ho vinto le elezioni, così come ha fatto Adriano Galliani. So che presto ci saranno le elezioni anche da voi, se Berlusconi dovesse vincere magari potremo parlare, la Liberia ha bisogno di amici».

PUNTI DEBOLI Un punto importante, questo, forse decisivo per il mandato (6 anni) di Weah. I detrattori, oltre che per la scarsa preparazio­ne politica ed economica (la Sirleaf, nobel per la pace nel 2011, aveva studiato a Harvard e aveva un’esperienza politica internazio­nale pluridecen­nale), per la limitata attitudine oratoria e per la scarsa presenza mostrata nei 3 anni che ha vissuto da senatore, lo criticano ricordando che i suoi contatti sono tutti nel mondo dello sport, tanto che Weah ama citare Arsene Wenger come esempio e figura chiave della sua crescita umana prima che sportiva.

STUDIO E AMORE Però da

La Liberia fu fondata nel 1822 dall’American Colonizati­on Society, una società americana che sosteneva la liberazion­e degli schiavi e il loro reinsediam­ento in Africa. Nel 1847 il Paese divenne indipenden­te e adottò una Costituzio­ne ispirata a quella americana. Un golpe nel 1980 portò al potere Samuel Kenyon Doe, ucciso nel 1990 a seguito di una guerra civile scoppiata l’anno prima e condotta da Charles Taylor, eletto presidente nel 1997. Taylor impose un governo autoritari­o e corrotto, che portò a un’altra rivolta durata dal 1999 al 2003. Nell’agosto 2003 gli accordi di Accra misero fine a 14 anni di guerra civile. Il clima è tropicale, gran parte del territorio è coperta dalla foresta pluviale.

POVERTÀ

Nonostante l’estrazione di oro e diamanti, in Liberia il 54% della popolazion­e vive sotto la soglia di povertà (2 dollari al giorno). L’analfabeti­smo riguarda il 52,4% degli abitanti. In media c’è un medico ogni 70mila persone. quando ha perso le elezioni con la Sirleaf per la prima volta, nel 2005, George ha studiato: ha preso il diploma, a 40 anni nel 2006, e nel 2011 un master in pubblica amministra­zione e uno in business management alla DeVry University in Florida: «Lo so che la gente pensa che un ex calciatore non sia in grado di gestire un Paese. Io dico di sì: sono mosso dall’amore per la Liberia e per la mia gente, e ho lottato per diventare presidente perché sono sicuro di poter dare qualcosa. Quando ho iniziato a giocare non pensavo di vincere il Pallone d’oro e arrivare ad essere il miglior calciatore del mondo, avevo solo una gran passione e la voglia di lavorare duro. Non sono cambiato».

CASO TAYLOR Weah avrà come vicepresid­ente Jewel Howrad Taylor, ex moglie di Charles Taylor, il dittatore che ha trascinato per ben due volte la Liberia alla guerra civile e che sta scontando una pena di 50 anni di reclusione in un penitenzia­rio britannico, condannato per crimini di guerra commessi in Sierra Leone. La cosa ha attirato a George grandi critiche, aumentate per alcune dichiarazi­oni non proprio brillanti della ex signora Taylor sul marito in campagna elettorale, ma respinte al mittente da Weah: «Jewel è preparata, ed è separata. E sono sempre stato per l’equità dei sessi, mi fa piacere avere al mio fianco una donna». Vedremo come andrà: al momento possiamo solo registrare un entusiasmo straordina­rio, soprattutt­o da parte dei giovani. La Liberia ha il 42% della popolazion­e sotto i 35 anni: è in questa fascia che Weah ha vinto la sua corsa. I ragazzi vogliono crescere sognando, come la Liberia secondo Weah.

RINGRAZIO L’ITALIA: NON SOLO I MILANISTI FELICI DEL MIO SUCCESSO

GEORGE WEAH SUI MESSAGGI RICEVUTI SE BERLUSCONI VINCE LE ELEZIONI PARLEREMO: CI SERVONO AMICI

GEORGE WEAH SULL’EX PRESIDENTE MILAN

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RICORDI Weah riceve la maglia del Milan portata dal nostro inviato Ricci
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● 1-7 George Weah riceve dal nostro inviato i regali del Milan: una maglia con la scritta «President George» e un’altra con il «suo» numero 9 ● 2-4-6 Weah in campo ieri nella partita Weah All Stars contro Esercito: i rossi di George hanno vinto 2-1,...
5 ● 1-7 George Weah riceve dal nostro inviato i regali del Milan: una maglia con la scritta «President George» e un’altra con il «suo» numero 9 ● 2-4-6 Weah in campo ieri nella partita Weah All Stars contro Esercito: i rossi di George hanno vinto 2-1,...
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