Braida fra Udinese e Milan: «Io, Oddo e Gattuso...»
●«Avranno una carriera importante. Vorrei vedere Milan e Udinese in Europa insieme»
Davanti agli occhi gli passeranno oltre cinquant’anni di pallone in novanta minuti. Più di mezzo secolo che rimescolerà nell’anima radici, affetti, successi di squadra e soddisfazioni personali. Perché quando Milan e Udinese si affrontano, se già normalmente Ariedo Braida vive un intimissimo derby, figuriamoci stavolta con Gattuso e Oddo in panchina. «Due dei miei ragazzi. Anzi, fra i tanti questi sono proprio due miei allievi», racconta da Barcellona l’ex d.s. «biancorossonero». E si sente che la voce è gonfia di soddisfazione. Le generazioni che fino a non troppi anni fa gli consegnavano un trofeo dietro l’altro da mettere in bacheca, adesso sono cresciute. E si cimentano con la panchina. Braida osserva, si compiace, apre l’album dei ricordi e prova a scrivere il futuro.
Gattuso e Oddo uno di fronte all’altro a giocarsi i tre punti: che effetto le fa?
«Beh, intanto vuol dire che sto invecchiando... Scherzi a parte: bellissimo. Li ho visti crescere e quindi per me è una grande soddisfazione, anche perché stanno facendo tutti e due molto bene. Mi interessa soprattutto una cosa: l’importante è che facciano giocare bene a calcio le loro squadre. Sì, il bel gioco, come faceva il mio Milan. Il calcio deve avere un effetto estetico: il gol è importante, ma deve anche essere bello».
Lei li ha conosciuti in «tempi non sospetti»: aveva sentore che potessero diventare allenatori?
«Per quanto riguarda Gattuso, in un primo momento non pensavo. Poi, quando ha iniziato, mi ha convinto e sorpreso molto positivamente. Vedere Rino, a cui sono molto legato, raggiungere risultati importanti dà soddisfazione. Oddo invece arriva da una buona scuola, ha avuto un buon maestro in famiglia (il padre Francesco ha allenato per quasi 30 anni, ndr) e questo vuol dire molto: spero che suo papà continui a dargli buoni consigli. In Massimo intravedevo già all’epoca la stoffa del tecnico, è intelligente e preparato. Su una cosa posso senz’altro sbilanciarmi: avranno entrambi una carriera molto importante».
La prima cosa che le viene in mente osservandoli in panchina?
«Oddo ha un’aria un po’ da professore. Gattuso è ruspante e sanguigno, com’era in campo».
Rino e Massimo li prese lei, ovviamente assieme a Galliani. Come andò?
«Non mi piace parlare in prima persona. Sopra di me c’erano Berlusconi e Galliani, e assieme ai miei collaboratori formavamo una grandissima squadra. Diciamo che per Gattuso avevo dovuto insistere un attimo con Galliani. Me lo segnalò il “nostro” Buriani, che all’epoca era il direttore sportivo della Salernitana. Insistette parecchio e comunque noi lo stavamo già seguendo. Lo prendemmo perché era un ragazzo promettente, rappresentava il nuovo con grinta, voglia ed entusiasmo. Era già un trascinatore. Oddo invece era arrivato da noi una prima volta da ragazzino, in Primavera, ma davanti aveva una schiera di mostri sacri, montagne troppo alte da scalare. E così è poi tornato, prelevato dalla Lazio, all’apice della sua maturazione. Un carattere e un atteggiamento in alcuni tratti diversi rispetto a Rino, più elegante e meno sanguigno».
La letteratura su Gattuso è ampia e colorita. Come andò la gestione?
«Quando arrivò, Zaccheroni non lo faceva giocare e lui si lamentava. Gli risposi: “Non ti preoccupare, non ti abbiamo preso per farti giocare una volta ogni tanto, ma per tenerti parecchi anni”. Diciamo che magari usai parole un po’ più... colorite, come quando era nel mezzo di continue voci di mercato (il Bayern soprattutto, nel 2008, ndr). Ci fu un momento in cui lo volevano tutti e io gli dissi: “Stai qui e non rompere le scatole”. Insomma, in quell’epoca il Milan rappresentava la crema del calcio mondiale. E poi lui aveva troppo dentro il cuore i colori rossoneri. Un ragazzo stupendo, con un grande senso di riconoscenza. Tutt’ora lo sento abbastanza spesso, quando passo da Malpensa poi mi fermo al suo ristorante a Gallarate: ovviamente ospite suo, non mi deve chiedere nemmeno un centesimo...».
Si racconta anche di un aneddoto che riguarda lei nella notte di Manchester del 2003.
«Dopo la vittoria sulla Juve l’adrenalina era ancora tanta. Nel cuore della notte Rino organizzò nel campo davanti all’hotel una partitella in famiglia a cui parteciparono anche alcuni dirigenti, fra cui io (risata prolungata, ndr)».
Nella sua vita c’è tanto Milan, ma nell’Udinese lei ci ha giocato e fatto il dirigente.
«Sono nato vicino a Udine, da bambino andavo a vederla. Là ci sono i miei legami, le mie radici. Io ho due città, Udine e Milano. I Pozzo continuano a essere molto bravi nello scoprire e rivendere, mantenendo la squadra su ottimi livelli. Peccato solo che abbiano così pochi italiani. Quest’anno mi piacerebbe tanto vedere in Europa Udinese e Milan insieme».
Prima ha parlato di Galliani, che la portò da Udine a Milano. Ce lo vede da senatore?
«Altroché. Avrà il mio voto! Per me è un fratello, una persona strepitosa. Potrebbe fare insieme il presidente federale e di Lega».
E lei? Come procede l’avventura a Barcellona?
«Ho un contratto fino al 2021 e qui sto bene. Sono nel più grande club al mondo, qui è tutto ai massimi livelli. Poi, ovvio, l’Italia un pochino mi manca...».
RINO È SANGUIGNO E RUSPANTE COME DA GIOCATORE, GLI SONO MOLTO LEGATO. IN PANCHINA MI HA CONVINTO COL TEMPO
SU RINO GATTUSO ALLENATORE MILAN
HA UN’ARIA UN PO’ DA PROFESSORE .... MA AVEVA GIÀ LA STOFFA
SU MASSIMO ODDO ALLENATORE UDINESE