La Gazzetta dello Sport

«Interista dentro Ma ora mi sento uno di Crotone»

● «Cresciuto col poster di Zenga, stordito da una pallonata di Recoba. La mia vita? Una risalita...»

- Francesco Velluzzi

CON LA SOCIETA’ C’È UN LEGAME DEL QUALE VADO FIERO

CORDAZ SUL CLUB CALABRESE

La parte più importante di una lunga chiacchier­ata con Alex Cordaz, portiere del Crotone che oggi va a San Siro a sfidare la sua squadra del cuore, l’Inter è un passaggio semplice, ma che riassume una vita molto vissuta, piena di salite e risalite, di drammi e di qualche gioia. «L’obiettivo deve essere chiaro, se vuoi una cosa, la desideri tanto alla fine te la prendi». Alex la Serie A se l’è presa a 33 anni a Crotone e non la vuol più mollare. Soprattutt­o ora che ad allenarlo c’è Walter Zenga, il suo mito: «Quando è arrivato qui gli ho detto “Mister ma stai scherzando? Avevo il tuo poster in camera da ragazzino a Cordignano in Veneto, dove sono cresciuto in una famiglia interista (mamma l’abbiamo fatta diventare, tifava Juve) con papà Livio, ex portiere, e ora ti ritrovo come mio allenatore?” E’ stato bello e ora remiamo tutti insieme per salvare ancora il Crotone. E’ dura, eh».

Alex, facciamo alcuni passi indietro: lei è nato interista e a 16 anni, nel 1999, l’Inter l’ha portata ad Appiano.

«Avevo gli occhi a cuoricino. Tutto era grande, strano, bello. Mi sembrava di essere capitato in una famiglia»

Ma, nella famiglia, quel genio di Alvaro Recoba, con un suoi sinistro le rompe un polso...

«Ormai fa parte dei ricordi. Mi arrivò una pallonata da vicino e il polso fece crac. Poi ebbi qualche problema con le operazioni e persi quasi un anno».

All’Inter a 16 anni, poi nel 2002 comincia a girare. E non ne ha girate poche. Spezia, Acireale Pizzighett­one, Treviso, pure due citta da casino... Lugano e Nova Gorica. Ma prima della Slovenia, Cittadella.

«Ho fatto fatica, tanta fatica. La mia vita è stata tutta una risalita. Sono sempre ripartito da zero.

Ma Stefano Marchetti, ds del Cittadella, ci ha creduto. E Cittadella è uno spot per il calcio. Ti insegna a stare al mondo nel mondo del calcio. Mi sono trovato da Dio».

Come a Crotone?

A Crotone devo il resto. E oggi posso definirmi un crotonese. Uno del nord, veneto vero, che parla in dialetto come può trovarsi nel profondo sud? Benissimo. E vedo delle similitudi­ni con Cittadella. A Crotone ho fatto nascere Beatrice e Santiago, ho rinnovato fino al 2020 (il procurator­e è Francesco Romano che lo ha preso con una stretta di mano a Conegliano). Con Ursino, i Vrenna e il segretario Emanuele Roberto c’è stima vera. I nostri risultati sono figli di questa sintonia, un legame di cui vado fiero. Qui c’è amore per il calcio, come a Cittadella, c’è calore, ti fanno sentire importante e per un calciatore è il massimo. Ci siamo presi per mano e, da penultimi in B, siamo in A. Qui ti leghi se metti l’anima in quello che fai. Abbiamo creato un gruppo operaio che bada al sodo. Ragazzi umili, alcuni sono amici veri, come l’altro portiere Marcone Festa, Barberis, Stoian».

Chi sono gli amici avuti nel calcio in 12 piazze?

«Cremonesi, Paro, Pellizzer, Schiavon. Ragazzi semplici come me, in fondo tutti siamo andati via di casa presto e questo ci accomuna».

Lei è stato a Lugano e Nova Gorica che, a dirla così, sembra un a vita piena di agio con donne e casino a portata di mano... Invece, forse ci ha perso anche un po’ di soldi.

«Al Casinò non ci andavo. Ma di soldi per strada ne ho lasciati parecchi. E a club che prima hanno sperperato a destra e sinistra. Ma alla fine abbiamo pagato noi che andremmo tutelati. Non deve succedere».

Ora, però, la vita le sorride e si è ripreso tutto. Ma la domenica è «il bombardato speciale».

»Le sembrerà strano, ma da un po’ passo tanto tempo a incitare i compagni. E’ il segno che stiamo crescendo tanto».

Ha già passato i 35 anni. Fino a quando intende giocare?

«Facile dirlo: finché sto bene. Ho un segreto: Roberto Maragliano, il mio fisioterap­ista, che ho conosciuto a Lugano. Quando ho bisogno mi raggiunge a Crotone. E poi mi sento un ragazzino. Mi piace talmente tanto quello che faccio che non mi pongo limiti. Mi diverto tanto a fare il torello con quelli che hanno 15 anni in meno di me. La passione è tutto».

Cordaz, voi avete costruito il miracolo dello scorso anno con Davide Nicola che poi ha lasciato la barca. Lo sente ancora?

«Non l’ho più sentito. E’ un tipo schivo. Ma il rapporto è stato fantastico, completo, me lo porterò dietro sempre».

Dopo la salvezza lei si è fatto biondo platino. Un inno a Canizares? Perché?

«Canizares mi è sempre piaciuto tanto. Quando ero all’Inter Castellini mi diceva di farmeli neri. Lo sento ancora. Non so perché l’ho fatto, sono un po’ così. Ho anche 30 tatuaggi sparsi. Ho tatuato i nomi dei figli e pure Mario Kart».

Torniamo seri: stasera l’Inter. ma senza Icardi. E’ più tranquillo? Vengono i suoi?

«C’è Eder. Fondamenta­le è stare concentrat­i e tenere la testa bassa. I miei? Papà è stato operato al ginocchio, mamma a una spalla. Non ce la fanno».

Alex, è dura, ma dobbiamo tornarci: nel maggio 2006 ebbe un incidente in auto in Sicilia in cui morì la ragazza che era con lei e per il quale fu condannato a 4 anni. Come va? L’ha superata?

«E’ una ferita aperta e lo sarà sempre. Sono cose che non superi e non sarà mai sanabile. Ora ho una bella famiglia: mia moglie Ambra che è del mio paese, Beatrice di due anni e Santiago di uno. Mi fanno dormire poco, ma sono vitali».

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IL NUMERO

Le partite giocate in questo torneo da Cordaz che non è mai stato sostituito Sono 39 i gol subiti

L’INCIDENTE E’ UNA FERITA APERTA, MA ORA HO UNA BELLA FAMIGLIA

CORDAZ / 2 SUL SUO DRAMMA

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