Russo sconfitto «Ma Tokyo 2020 resta l’obiettivo»
●Il massimo cede ai punti al più giovane croato Filipi (35 anni contro 21). «Siamo solo all’inizio, mi ero preparato bene ma non è bastato»
Lacrime e sangue. Clemente Russo scende dal ring con il volto segnato, il sopracciglio destro tagliato e l’orgoglio ferito, quasi annientato, da una sconfitta inattesa nel giardino di casa, quelle Wsb che il due volte argento olimpico vinse nella prima edizione del 2011/2012, diventandone subito l’uomo immagine e il pugile più celebrato e rappresentativo. Applausi sentiti, però, al giovane Filipi, cui il campionissimo di Marcianise rende 14 anni (35 a 21) e che sul ring dimostra di non soffrire mai di sudditanza psicologica di fronte a un monumento. Del resto, è lui l’uomo di punta della squadra croata che per la prima volta affronta il torneo, è lui a cui sono affidate molte delle speranze olimpiche del pugilato del suo paese, dopo il secondo posto (sempre nei massimi) ai Giochi giovanili del 2014.
CHE CASTAGNE Una sconfitta che fa male soprattutto all’autostima, quella di Clemente, e definitivamente maturata in un ultimo round equilibrato, assegnato all’unanimità a Filipi nonostante una bella reazione d’orgoglio (e i colpi migliori, va detto) del due volte ex campione del mondo: così, se per un giudice la sfida è comunque già decisa, gli altri due che fin lì l’hanno vista in parità spostano la bilancia a favore del ragazzo di Zara. Ma non è tempo di rimpianti, perché la parte centrale del match è tutta del sorprendente Toni, abilissimo prima a evitare di concedere al rivale le letali ripartenze fulminee con l’uso intelligente del jab sinistro e poi, nel secondo round ma soprattutto nel terzo, a entrare pesantemente con il destro: nella seconda occasione piega decisamente le gambe all’icona azzurra, costretta a legare senza poter reagire e risparmiato di un conteggio che sarebbe stato un macigno sulle speranze di recupero. Ma il cuore di un gigante emerge nelle difficoltà, e Clemente non si arrende supino a un destino di sconfitta, cominciando a macinare montanti al corpo micidiali che esaltano tuttavia le qualità da incassatore del croato, poi sempre velenosissimo dalla corta distanza.
FUTURO Era il 260° match per il più forte peso massimo dilettante della nostra storia pugilistica, e ha portato la 46a sconfitta, sicuramente sorprendente per i pronostici della vigilia, ma accolta da Russo con la lucidità di chi riconosce qualità e pecche del momento: «Ho iniziato un po’ contratto, nel secondo round sono stato ingenuo nel prendere un destro in uscita da uno scambio, poi nel terzo è stato bravo l’avversario a centrarmi con precisione. Ma ho reagito, secondo me ho finito meglio, il croato è diventato arruffone, quell’ultima ripresa assegnata a lui non mi soddisfa ma non faccio drammi». Non è un problema di condizione, Clemente si è presentato a 90.3 chili, quindi tirato come ai tempi belli, e anche qualche azione in rapidità ha appagato gli occhi: tuttavia gli è mancata sostanza, come se le sue bordate non producessero effetto, e anche continuità. Difetti che non lo preoccupano: «Siamo solo all’inizio, mi ero preparato bene ma non è bastato. Sarei stato deluso se le Wsb avessero qualificato per l’Olimpiade (come sarà per la prossima edizione, ndr), perché un passo falso allora si pagherà caro, così invece posso continuare per la mia strada, fiducioso come sempre nelle mie possibilità: Tokyo resta un grande obiettivo». Pensieri in proiezione, mentre la giovane Italia, pur senza la spinta del capitano, si toglie la soddisfazione di una vittoria al debutto contro i Croatian Knights, trascinata da un altro casertano, ovviamente uscito dall’inesauribile fucina della Excelsior di Marcianise (ora è tesserato per l’Esercito): il welter Paolo di Lernia strabilia con un k.o. di gran classe dopo 2’48” del primo round. Un’altra speranza da una terra dove i guantoni continuano a essere benedetti.
SECONDO ME HO FINITO MEGLIO, LUI È DIVENTATO ARRUFFONE
CONTINUO PER LA MIA STRADA, FIDUCIOSO COME SEMPRE
CLEMENTE RUSSO 35 ANNI