«Appena Venezia si è fatta viva ho detto subito sì»
●Il figlio di Darren torna in Italia dopo l’esperienza in Israele: «Il massimo per rimettermi in gioco»
Un filo invisibile ha legato per secoli Istanbul, Gerusalemme e Venezia, tra scambi commerciali, religiosità e guerre decennali ai tempi della Serenissima. Un mix di sacro e di profano, un filo riallacciato adesso da Austin Daye, arrivato alla corte dell’Umana Venezia dopo aver giocato nel Galatasaray e nell’Hapoel nell’ultimo anno e mezzo. La Reyer ha scelto il figlio di Darren, protagonista di stagioni d’oro con la maglia della Scavolini Pesaro, per sostituire l’infortunato Orelik (stagione finita). Giocatori profondamente diversi, entrambi con indiscusse qualità di attaccanti: adesso toccherà a Walter De Raffaele inserire Austin Daye nel suo sistema di gioco, come c’era riuscito con Orelik, che era diventato uno dei punti di riferimento principali della squadra campione d’Italia. Austin Daye ritorna in Italia un anno e mezzo dopo l’ultima partita disputata con la Consultinvest Pesaro, a Torino, il 4 maggio 2016, una settimana dopo aver regalato ai marchigiani la permanenza in Serie A.
Quali sono le sensazioni che accompagnano questo suo ritorno in Italia?
«Bellissime. Sono molto elettrizzato. Quando è arrivata la proposta della Reyer Venezia non ho dovuto pensarci molto. L’Italia è la mia seconda casa, mi porto sempre dietro tantissimi ricordi, fin da quando ero bambino a Pesaro. Inoltre conosco il campionato e arrivo in una società ambiziosa che ha cucito sul petto lo scudetto. Non potevo chiedere di meglio per rimettermi in gioco dopo aver chiuso l’esperienza con l’Hapoel Gerusalemme».
Pronto all’esordio contro l’Happy Casa Brindisi?
«Il campo mi è mancato da quando ho lasciato Israele. Ho cercato di non perdere la condizione, mi sono allenato anche nelle ultime due settimane. La voglia di rimettermi in gioco sarà la molla per azzerare qualche tossina in più che posso avere nelle gambe».
Daye fu fondamentale per la salvezza di Pesaro, gli obiettivi della Reyer sono più ambiziosi.
«Lo so perfettamente. Arrivo in una squadra che ha vinto il tricolore e che si trova al vertice del campionato. Io sono convinto che i risultati li raggiunge la squadra, non un singolo giocatore. Non ho obiettivi a lunga gittata a livello personale, se non cercare di inserirmi il più rapidamente possibile nel sistema di gioco di De Raffaele, conoscere in profondità i miei nuovi compagni, giocare nel miglior modo possibile per contribuire alle vittorie della squadra. I miei obiettivi sono quelli dell’Umana».
Domani l’impatto con il campionato, martedì la sfida decisiva in Champions League contro l’Estudiantes, tra due settimane la Final Eight di Coppa Italia a Firenze: una bella sequenza di match ad alta tensione.
«Stiamo per arrivare in una fase della stagione in cui si cominciano a raccogliere il frutti del lavoro. La Reyer è una squadra collaudatissima, con giocatori di grande esperienza, non credo che impiegherò molto a inserirmi. Giocare partite ad alta tensione è quello che sogna ogni giocatore, soprattutto quando in palio c’è un risultato di prestigio, come il passaggio di turno in coppa o un trofeo».
Esperienze positive in Turchia e Israele?
«Due situazioni diverse: la stagione al Galatasaray è stata molto, molto interessante. Avrei voluto ripetermi anche all’Hapoel, ma sono stato condizionato da un infortunio alla caviglia. A Gerusalemme ero visto come il faro della squadra, c’erano tante aspettative su di me».
Potrebbe esserci ancora l’Nba nel futuro di Daye, campione nel 2014 con San Antonio?
«In questo momento non ci penso proprio, non rappresenta una priorità. Mi piace vivere sempre intensamente il presente e valutare le varie opportunità. La scorsa estate ho anche pensato di trovare una squadra in D-League, poi però ho preferito ritornare in Europa andando a giocare a Gerusalemme».
LA REYER È GIÀ COLLAUDATA MI INSERIRÒ VELOCEMENTE
QUANTI RICORDI, QUESTO PAESE È LA MIA SECONDA CASA
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