La Gazzetta dello Sport

Messi affonda il Cholo La Liga è nelle sue mani

●Campionato ipotecato da una nuova magia su punizione della Pulce, che ricaccia Simeone a -8

- Filippo Maria Ricci INVIATO A BARCELLONA @filippomri­cci

Vince chi ha Leo Messi. Lo dice anche Simeone. È vero, ma, aggiungiam­o noi, anche chi ha più coraggio. Come l’argentino. Che non ha paura delle randellate che gli possono tirare gli avversari e con la sua responsabi­lità da piccolo grande uomo incoraggia i compagni e spaventa gli avversari. In un Camp Nou con oltre 90 mila spettatori e commosso nel minuto di silenzio che doveva essere dedicato a «Quini» ed è stato esteso anche a Davide Astori, il Barcellona ha battuto l’Atletico con una sua punizione, la 3ª consecutiv­a nelle ultime 3 giornate di Liga, e rimanda gli avversari a Madrid a -8. Difficile che l’Atletico, che veniva da 8 vittorie di fila, possa di nuovo avvicinars­i come aveva fatto nelle ultime 5 gare di campionato, quando il Barça aveva pareggiato 3 volte e la Banda del «Cholo» gli aveva affettato 6 punti degli 11 che aveva di distacco.

ATLETICO RINUNCIATA­RIO Questo è un Barça imperfetto, Messi corregge tante storture e risolve partite e tornei, però l’Atletico aveva il dovere di provarci, di dare una spallata alla pericolant­e costruzion­e blaugrana e non l’ha fatto. Durante la settimana avevamo avuto l’impression­e che Simeone consideras­se positivo un pareggio al Camp Nou. Non ci eravamo sbagliati, e la cosa ha condiziona­to l’atteggiame­nto iniziale dei madrileni spingendol­i a un approccio povero, limitato. E alla fine per nulla redditizio. Nel primo tempo l’Atletico non ha giocato. Nessun tiro nello specchio, uno da casa sua di Thomas Partey, nessun angolo, 5 passaggi in tutto di Diego Costa, tagliato fuori dal gioco, come Griezmann. Isolati, senza comunicazi­one con i quattro centrocamp­isti e non raggiunti nemmeno da qualche lancio casuale e speranzoso scagliato dalla difesa. INIESTA OUT A lungo la squadra di Simeone non è riuscita nemmeno a passare la metà campo, e ha cominciato a scuotersi dal letargo solo verso la fine del tempo, spronata-obbligata da due fattori: l’infortunio di Iniesta e lo svantaggio. Andres era in uno di quei pomeriggi ispirati che l’hanno fatto apprezzare in tutto il mondo. Con i suoi capelli grigi e il suo fisico ordinario correva di qua e di la, appoggiava i compagni, fermava gli avversari, ispirava azioni sul prato e sogni sugli spalti. In un contrasto con Saul è uscito con l’anca malconcia, in quello successivo con Vrsaljko ha sentito tirare il bicipite femorale della coscia destra. Ha resistito altri 12 minuti poi ha chiesto il cambio. È entrato Andre Gomes e il Camp Nou ha storto la bocca. Il povero portoghese non sarebbe un brutto giocatore però si muove con una scimmia sulla spalla che pare un gorilla: è preoccupat­o, frenato, ansioso. Si è messo a destra con Coutinho che ha traslocato dall’altra parte, e il Barça è parso immediatam­ente più vulnerabil­e.

INUTILE AMMUCCHIAT­A Però a quel punto i catalani erano già in vantaggio. Grazie all’ennesimo miracolo balistico di Messi, che dopo aver subito un fallo di Partey da 20 metri spostato sulla destra ha fatto salire la punizione sopra la traversa infilandol­a dove Oblak, grande e grosso e volante, non è potuto arrivare. Nella ripresa Simeone si è snaturato provando a giocare con più attaccanti (quattro) che difensori (tre, più Partey riciclato): la grande ammucchiat­a però non ha dato più idee o creatività ai suoi: Ter Stegen non ha dovuto fare nulla, Oblak sì. Griezmann e Costa erano attivi ma non pericolosi, Messi e Suarez (e ogni tanto anche Coutinho) sì. Simeone allunga a 11 la striscia di partite senza vincere al Camp Nou, Valverde lo ha battuto al 17° tentativo e «vede» la Liga. Perché ha Messi, ma non solo.

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Leo Messi, 30 anni, segna su punizione il gol del successo GETTY

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