URUBKO E IL K2, PRIMA DI TUTTO PRUDENZA
La scalata interrotta del russo
Sul K2 il tentativo solitario di Denis Urubko non ha avuto successo. Penso che anche lui sapesse di avere pochissime possibilità di farcela e che abbia agito più che altro a scopo dimostrativo. Aveva poco più di due giorni di tempo, prima dell’annunciata perturbazione con nevicate, che è anche arrivata in anticipo, togliendogli visibilità e che ha poi tenuto ferma al campo base per tutti questi giorni la spedizione polacca che il russo naturalizzato ha ora abbandonato. Da solo, su una montagna come il K2, con la via attrezzata in modo parziale e nemmeno fino a campo 3: era davvero troppo. Urubko è stato comunque bravo ad arrivare fino a 7600 metri. Ma ce n’erano altri 1000 ancora da salire. Secondo me, anche per una squadra ben preparata servono almeno quattro giorni di meteo favorevole per arrivare in vetta a quella montagna, dopo che sono stati attrezzati almeno tre, se non quattro, campi e sono state messe le corde fisse, utili pure per garantire una discesa sicura e veloce. Urubko ha voluto dimostrare con l’azione e non solo a parole che per lui l’inverno sugli 8000 finisce il 28 febbraio. Però le nevicate dei giorni scorsi confermano che le condizioni invernali non cambiano in una data precisa del calendario. È vero che a marzo le giornate sono più lunghe, e questo consente agli alpinisti di avere più tempo a disposizione prima di doversi chiudere in tenda al tramonto oltre che per la mancanza di luce anche per l’immediato e forte calo della temperatura. Però, almeno sugli 8000 pakistani, ora c’è un maggiore rischio di precipitazioni. Adesso bisognerà vedere se e quanto i venti in quota hanno spazzato via la neve caduta. Se non l’hanno fatto, il rischio di valanghe si fa fortissimo sullo Sperone Abruzzi e in questo caso un capo spedizione esperto come Krzysztof Wielicki non vorrà certamente mettere a rischio i suoi uomini.
Visto che parliamo di K2, sono felice che alcuni altri cimeli della spedizione italiana che realizzò la prima salita, nel 1954, saranno esposti nel Messner Mountain Museum. Appartenevano a Ugo Angelino ed erano fra quelli messi all’asta una settimana fa. Fra i tanti oggetti battuti c’era anche il duvet imbottito di piumino preparato appositamente per l’alta quota e che fu indossato da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli per andare in vetta il 31 luglio di 64 anni fa. Per l’epoca si trattava di una sorta di prototipo. Infatti non se lo è fatto sfuggire la ditta produttrice, ancora oggi famosissima. Angelino, morto nel dicembre 2016, nell’organizzazione di quella spedizione fu il braccio operativo di Ardito Desio e l’efficacia dei materiali scelti fu in buona parte merito suo.