La Gazzetta dello Sport

UNA FINALE. E POI «ACCHIEV!»

I sentimenti del popolo bianconero

- Di SANDRO VERONESI

L’ anno scorso, il grido di battaglia che di questi tempi cominciava a circolare tra i tifosi della Juve era «Accardiff!». Prima della trasferta a Oporto era l’ardire di pochi temerari, ma dopo quella partita esso prese piede .....

L’anno scorso, il grido di battaglia che di questi tempi cominciava a circolare tra i tifosi della Juve – antiscaram­antico, sfacciato e addirittur­a insolente – era «Accardiff!». Prima della trasferta a Oporto (quella con Bonucci in castigo) era l’ardire di pochi temerari, ma dopo quella partita, e ancor più dopo il trionfale quarto di finale contro il Barcellona, esso prese piede e diventò una specie di parola d’ordine con la quale i tifosi chiudevano ogni conversazi­one tra di loro, anche se aveva riguardato tutt’altro. Accardiff! Accardiff! Passo e chiudo.

A Cardiff la Juve c’è arrivata. Quest’anno, tanta era fin dall’inizio la voglia di riscattare quella finale sciagurata, che il grido «Acchiev!» ha cominciato a risuonare molto più presto, fin dalla prima partita del girone al Camp Nou – e non è scomparso nemmeno dopo quella batosta. Sono sei mesi che anch’io, sfidando le forze, termino ogni comunicazi­one con un fratello di tifo ricorrendo a questa formula: Acchiev! Poi però c’è stata l’andata degli ottavi, tre settimane fa, e lì, dopo i primi dieci minuti da sogno, una Juve legnosa e fallosa (nel senso che ha fatto tanti errori, non tanti falli) si è fatta rimontare due gol dal Tottenham, l’euforia si è dovuta confrontar­e con la realtà, e il grido si è ridimensio­nato, passando da «Acchiev!» a «Auemblei!». E in effetti, anche se si tratta «solo» di un ottavo di finale, suona anche più glorioso, consideran­do che a Wembley non si giocherann­o mai più partite di Champions League che non siano la finale.

Sì, si tratta «solo» di un ottavo di finale: ma quanto è importante, questa partita? Quanti destini passano per questi 90 (solo 90?) minuti? Quanto sarebbe difficile da mandare giù l’eliminazio­ne, dopo gli sprechi dell’andata? È la partita dell’anno, almeno fin qui, e la Juve è costretta a compiere un’impresa che è riuscita a poche squadre nella storia, squadre nazionali, oltretutto: espugnare Wembley. È una finale. E rincuora, a fianco di quella brutta che parla di Mandzukic rimasto a Torino, la bella notizia che Higuain la giocherà, così come rincuora pensare a una Joya gioiosa, finalmente, dopo la prodezza di sabato sera all’Olimpico, fuoriclass­e ritrovato nel morale e nella forma fisica. Ci sarà bisogno soprattutt­o di loro due, a Wembley, perché il Tottenham è una bella squadra dalla cintola in su, e là davanti ha un autentico fuoriclass­e, ma dietro è debole. Con un po’ più di fortuna e di precisione, all’andata il Pipita poteva fargliene quattro, solo nei primi 45 minuti: nessun’altra squadra concede tanto, a questi livelli. Attaccali, e loro soffrirann­o. Per contro, non bisognerà lasciargli tanto campo come a Torino, e quegli ultimi 25 metri nei quali sono pericolosi bisognerà farglieli sudare centimetro per centimetro. È una partita che non si può sbagliare, per poter ritornare a gridare «Acchiev!» alla fine delle telefonate. E anzi, visto che di perdere la finale di Champions ci saremmo pure stancati, perché contentars­i di arrivarci? Perché non vincerla? Un momento, che vado a controllar­e dove si giocherà, ad agosto, la Supercoppa Europea. Ecco fatto: a Tallinn. Perciò fate l’impresa stasera, ragazzi, a Wembley – e poi tutti Acchiev!, e soprattutt­o Attallinn!

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