La Gazzetta dello Sport

EMERY «DELUSO SÌ, MA NON CREDO SIA IL MIO ADDIO AL PSG» «Abbiamo meritato al 40%, ma non è bastato per battere il Real». Il presidente Al Khelaifi: «Su di lui ragionerem­o a mente fredda»

- Alessandro Grandesso PARIGI

Lo avevano ingaggiato con un solo obiettivo: vincere la Champions. Strana scelta quella dell’emiro del Qatar, visto che poi in carriera Unai Emery non ha mai varcato la soglia degli ottavi di finale. Sembrava aver sfatato il tabù lo scorso anno, dopo il 4-0 al Barcellona nell’ottavo di andata. Ma poi arrivò la storica «remontada» al Camp Nou. Un 6-1 che ha lasciato un solco nel suo curriculum e nello spogliatoi­o del Psg. Che poi non è quello del Siviglia, con cui il tecnico basco si era fatto un nome, vincendo tre Europa League di fila. A Parigi il suo tempo è giunto ormai agli sgoccioli. FUTURO Anche perché quest’anno, Emery, che l’anno scorso ha perso pure l’imperdibil­e Ligue 1, ha mostrato altri limiti nella gestione di Neymar. Star troppo influente per tenerle testa come auspicava. E sono bastate poche settimane per entrare in conflitto con il brasiliano e il suo clan, iniettando altra tensione nella squadra andata fuori giri nel momento clou della stagione. Cioè al Bernabeu. Gara persa negli ultimi minuti, come in Catalogna. Emery non ha saputo trasmetter­e la fiducia necessaria per la rimonta ieri: «Abbiamo meritato al 40%, ma non è bastato – dice Emery –. Non credo sia la fine della mia esperienza al Psg». L’era del basco però sembra al tramonto. Anche se il presidente Al Khelaifi prende tempo: «Di Emery ne parleremo a mente fredda». Il toto-nomi è pieno di italiani, dal prediletto Massimilia­no Allegri ad Antonio Conte, Roberto Mancini e magari di nuovo Carlo Ancelotti.

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