La Gazzetta dello Sport

Spalletti fa 59 La voglia di bello non si smarrisce

●Oggi è il compleanno dell’allenatore dell’Inter Viaggio nel suo calcio, da costruire con il lavoro

- Matteo Brega MILANO

A59 anni il progetto di Luciano Spalletti regge ancora, eccome. L’anima dell’allenatore di Certaldo rimane la stessa che lo ha fatto iniziare ad allenare le giovanili dell’Empoli, passare attraverso soddisfazi­oni, pause, rilanci e conferme. E’ valida anche oggi che compie 59 anni. L’anima è quella di chi parte dal presuppost­o che lavorare per costruire una squadra che giochi bene al calcio rimane importante tanto quanto vincere. Spalletti compie oggi il suo primo compleanno da allenatore dell’Inter. Un po’ di nerazzurro nel destino ci dev’essere stato, visto che la prima volta che la incontrò (25 gennaio 1998) la fermò al Castellani con l’Empoli. Un 1-1 firmato Carmine Esposito (ricordate il famoso gol di Alessandro Del Piero alla Fiorentina con l’esterno destro al volo?) e Alvaro Recoba (leggendari­o arcobaleno da metà campo), un pareggio da ossimoro visti i marcatori. Non così se si pensa che fin dal principio Spalletti insegue e pretende un calcio bello da vedere, organizzat­o ed efficace.

LAVORO Ecco perché a Luciano è risultato sempre più semplice applicare le sue idee a squadre che non fossero principess­e, ma piuttosto a ranocchie che potessero tramutarsi in tali con il lavoro. A Empoli prima salva i toscani, poi li porta dalla C alla B, dalla B alla A fino a salvarli. Modellare per darsi un’identità, costruire basi solide per non ritrovarsi senza fondamenta. Luciano è da sempre così. La tesi di Coverciano con la quale chiude il Master da allenatore (stagione 1999-2000) si intitola “Il sistema di gioco 3-5-2”. La bussola sono le parole corto, lungo, diagonale, scalature. Dopo Empoli c’è la Sampdoria (esonerato, richiamato e alla fine retrocesso in B), il Venezia (un doppio esonero in una stagione, Maurizio Zamparini presidente), l’Udinese per la prima volta (salva i friulani) e quindi l’Ancona subentrand­o a Fabio Brini e salvandola in B. Il salto lo compie tornando a Udine nel 2002, portando i bianconeri prima in Coppa Uefa e poi in Champions League.

CITAZIONI Il giro d’Italia della sua idea di calcio arriva a Roma nel 2005. E la prima versione gialloross­a piace anche all’estero, al punto da meritarsi un’analisi del Guardian che definisce il suo calcio «una bella marca di football d’attacco». Spalletti piace e piace perché le sue squadre si riconoscon­o. Serve tempo, è vero, ma alla fine ottiene. A Roma vince due volte consecutiv­e la Coppa Italia e una Supercoppa nazionale. Non poco visto che sono gli anni in cui è l’Inter a raccoglier­e le margherite lasciando i petali del «m’ama-non m’ama» agli altri. Spalletti si trova di fronte un progetto completame­nte diverso solo a San Pietroburg­o. Lo Zenit ha le disponibil­ità economiche (e la necessità) per chiedere successi immediati. Dal 2009 al 2014 vince due volte il campionato russo, una volta ciascuna la Coppa e la Supercoppa nazionale. Eppure Spalletti rimane convinto – parola sue – che il suo Zenit «debba giocare meglio». Torna a Roma, al posto di Rudi Garcia, portando i gialloross­i al terzo posto e al secondo l’anno scorso. La sua idea ora appartiene all’Inter, non più travolgent­e quando la affrontava da romanista. Ora Luciano, con i nerazzurri, deve fare una sintesi di crescita graduale e necessità di successo. Il che significa accesso alla Champions. Jonathan Wilson, nella bibbia tattica de «La piramide rovesciata», lo ha citato. Esempio raro, eppure motivato e meritato. Il segno di Spalletti resta. Da oggi, entrando nel 60° anno di vita, parte la caccia a un trofeo indelebile.

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