La Gazzetta dello Sport

«Lippi, devi uno scudetto a me e al mio amore Toro»

● Il grande ex racconta in un libro la sua fede granata e manda due messaggi ai tifosi: «Dura vincere oggi, ma un giorno il titolo arriverà»

- Nicola Cecere

Caro Aldo Agroppi siamo qui per parlare del suo ultimo libro. Dove c’è tanto del «suo» Torino, gli anni delle giovanili e le stagioni da protagonis­ta fino alla fascia da capitano, indossata con orgoglio. «Cosa vuole, è stata la squadra della mia vita, sono fiero di averci giocato. E pazienza se mi cedettero al Perugia giusto nell’estate del 1975; fossi rimasto avrei trionfato con Pulici, Claudio Sala e Graziani...». Il neo allenatore Radice chiese un ringiovani­mento in mezzo al campo... «Ero quello che marcava il trequartis­ta avversario e allora di gente brava con i piedi ce n’era tanta. Un ruolo di fatica, che logora. Però sarei rimasto anche da riserva, avevamo un gruppo talmente forte da superare persino lo strapotere Juve. Ma a Radice non porto rancore». Nella sua biografia spende parole dolcissime per tanti compagni ed esprime ancora il dolore per la tragedia Meroni. «Debutto in prima squadra e vinciamo. La sera un’auto porta via il nostro George Best. Un anticonfor­mista buono, innocuo, nella vita e un attaccante di raro talento».

AMORE TORO C’era più qualità ai suoi tempi? «Era meno dispendios­o costruire le squadre, non buttavi denaro sui mercati esteri e i prodotti del vivaio venivano valorizzat­i. Per rendere competitiv­o ai massimi livelli il Toro di oggi mancano quattro campioni del livello di Belotti (quello dell’anno scorso non si è visto, purtroppo, e lo paghiamo caro) che costerebbe­ro centinaia di milioni. Ora, come fanno i Cairo o i Della Valle, attualment­e contestati dagli ultras, a comprare quattro giocatori da settanta, ottanta, cento milioni senza avere peraltro la garanzia di vincere? Come possono competere con cinesi, arabi, americani se persino colossi come Berlusconi e Moratti hanno dovuto scansarsi per non farsi travolgere da questo fiume di danaro che ha inondato il pianeta calcio? E sapete cosa arrivo a dire con la mia consueta schiettezz­a? Che se anche Cairo o chi per lui riempisse il Toro di fuoriclass­e, non ci permettere­bbero di vincere. I poteri forti, dico. Quelli delle telefonate e delle trame sotterrane­e che continuano a condiziona­re il gioco. Mi dite quanti scudetti ha vinto la Roma?».

SCUDETTO «Poteri fortissimi, da sempre. Io non dimentico certo il campionato ‘71-72, quando due arbitri di Cormons, Barbaresco a Marassi e Toselli a San Siro, fermarono il fortissimo Toro di Gustavo Giagnoni contro Samp e Milan, togliendoc­i due gol validi: il mio a Genova e quello di Toschi a Milano. Sarebbero stati due punti in più per noi in quell’arroventat­o finale di un campionato che la Juve vinse con un punto di vantaggio su Toro e Milan. Il mio gol del 2-2 a Marassi venne prima convalidat­o e poi cancellato in seguito alle proteste dei doriani, Lippi in testa. Era convinto di aver respinto il pallone prima della linea bianca, ma ci sono immagini che lo smentiscon­o. Barbaresco anni dopo riconobbe la topica, Lippi non si è mai ricreduto. Ho pronta una gigantogra­fia dell’episodio. Gliela invierò: mi deve uno scudetto».

ROMANTICIS­MO C’è nel libro questo suo grande rammarico. «Piaciuto il mio scritto? E’ un atto d’amore verso il Toro e la famiglia. Ricordi sparsi, tutti riconducib­ili ai sentimenti. Perché il popolo della tv e degli stadi ha di me l’immagine di un criticone cui non sta mai bene niente». Senza peli sulla lingua e senza freni, e quindi anche antipatico magari. «Del resto son toscano... Scrivendo questa sorta di autobiogra­fia ho voluto mostrare il mio lato romantico, tutto sommato prevalente nel mio carattere. Ho avuto un’adolescenz­a difficile, avendo perso presto prima mio fratello e poi i genitori, peraltro separati, scomparsi entrambi a 58 anni. Sono perciò orgoglioso della famiglia che ho costruito con Nadia, conosciuta quando aveva 12 anni: si sta insieme dal 1958! Due figli, tante gioie, la mia Piombino sullo sfondo e il Toro sempre nel cuore. Perché il Toro è come dio, una fede intendo. E al mio popolo granata dico che arriverà il giorno del trionfo. Lo scudo ci manca da quel formidabil­e 1976, comprendo l’impazienza dei più giovani. Ai quali dico che quando accadrà, ché prima o poi “deve” accadere, sarà ancora più bello».

MARCELLO NEL ‘72 FECE ANNULLARE A MARASSI IL MIO 2-2 REGOLARE

E COSÌ QUEL TORO DI GIAGNONI ARRIVÒ 2° A UN PUNTO DALLA JUVE ALDO AGROPPI EX CALCIATORE E ALLENATORE

 ??  ?? Aldo Agroppi, 73 anni, nel salotto della casa di Piombino, la sua città. E’ stato al Toro dal 1967 al 1975 portando pure la fascia di capitano
Aldo Agroppi, 73 anni, nel salotto della casa di Piombino, la sua città. E’ stato al Toro dal 1967 al 1975 portando pure la fascia di capitano
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