«Lippi, devi uno scudetto a me e al mio amore Toro»
● Il grande ex racconta in un libro la sua fede granata e manda due messaggi ai tifosi: «Dura vincere oggi, ma un giorno il titolo arriverà»
Caro Aldo Agroppi siamo qui per parlare del suo ultimo libro. Dove c’è tanto del «suo» Torino, gli anni delle giovanili e le stagioni da protagonista fino alla fascia da capitano, indossata con orgoglio. «Cosa vuole, è stata la squadra della mia vita, sono fiero di averci giocato. E pazienza se mi cedettero al Perugia giusto nell’estate del 1975; fossi rimasto avrei trionfato con Pulici, Claudio Sala e Graziani...». Il neo allenatore Radice chiese un ringiovanimento in mezzo al campo... «Ero quello che marcava il trequartista avversario e allora di gente brava con i piedi ce n’era tanta. Un ruolo di fatica, che logora. Però sarei rimasto anche da riserva, avevamo un gruppo talmente forte da superare persino lo strapotere Juve. Ma a Radice non porto rancore». Nella sua biografia spende parole dolcissime per tanti compagni ed esprime ancora il dolore per la tragedia Meroni. «Debutto in prima squadra e vinciamo. La sera un’auto porta via il nostro George Best. Un anticonformista buono, innocuo, nella vita e un attaccante di raro talento».
AMORE TORO C’era più qualità ai suoi tempi? «Era meno dispendioso costruire le squadre, non buttavi denaro sui mercati esteri e i prodotti del vivaio venivano valorizzati. Per rendere competitivo ai massimi livelli il Toro di oggi mancano quattro campioni del livello di Belotti (quello dell’anno scorso non si è visto, purtroppo, e lo paghiamo caro) che costerebbero centinaia di milioni. Ora, come fanno i Cairo o i Della Valle, attualmente contestati dagli ultras, a comprare quattro giocatori da settanta, ottanta, cento milioni senza avere peraltro la garanzia di vincere? Come possono competere con cinesi, arabi, americani se persino colossi come Berlusconi e Moratti hanno dovuto scansarsi per non farsi travolgere da questo fiume di danaro che ha inondato il pianeta calcio? E sapete cosa arrivo a dire con la mia consueta schiettezza? Che se anche Cairo o chi per lui riempisse il Toro di fuoriclasse, non ci permetterebbero di vincere. I poteri forti, dico. Quelli delle telefonate e delle trame sotterranee che continuano a condizionare il gioco. Mi dite quanti scudetti ha vinto la Roma?».
SCUDETTO «Poteri fortissimi, da sempre. Io non dimentico certo il campionato ‘71-72, quando due arbitri di Cormons, Barbaresco a Marassi e Toselli a San Siro, fermarono il fortissimo Toro di Gustavo Giagnoni contro Samp e Milan, togliendoci due gol validi: il mio a Genova e quello di Toschi a Milano. Sarebbero stati due punti in più per noi in quell’arroventato finale di un campionato che la Juve vinse con un punto di vantaggio su Toro e Milan. Il mio gol del 2-2 a Marassi venne prima convalidato e poi cancellato in seguito alle proteste dei doriani, Lippi in testa. Era convinto di aver respinto il pallone prima della linea bianca, ma ci sono immagini che lo smentiscono. Barbaresco anni dopo riconobbe la topica, Lippi non si è mai ricreduto. Ho pronta una gigantografia dell’episodio. Gliela invierò: mi deve uno scudetto».
ROMANTICISMO C’è nel libro questo suo grande rammarico. «Piaciuto il mio scritto? E’ un atto d’amore verso il Toro e la famiglia. Ricordi sparsi, tutti riconducibili ai sentimenti. Perché il popolo della tv e degli stadi ha di me l’immagine di un criticone cui non sta mai bene niente». Senza peli sulla lingua e senza freni, e quindi anche antipatico magari. «Del resto son toscano... Scrivendo questa sorta di autobiografia ho voluto mostrare il mio lato romantico, tutto sommato prevalente nel mio carattere. Ho avuto un’adolescenza difficile, avendo perso presto prima mio fratello e poi i genitori, peraltro separati, scomparsi entrambi a 58 anni. Sono perciò orgoglioso della famiglia che ho costruito con Nadia, conosciuta quando aveva 12 anni: si sta insieme dal 1958! Due figli, tante gioie, la mia Piombino sullo sfondo e il Toro sempre nel cuore. Perché il Toro è come dio, una fede intendo. E al mio popolo granata dico che arriverà il giorno del trionfo. Lo scudo ci manca da quel formidabile 1976, comprendo l’impazienza dei più giovani. Ai quali dico che quando accadrà, ché prima o poi “deve” accadere, sarà ancora più bello».
MARCELLO NEL ‘72 FECE ANNULLARE A MARASSI IL MIO 2-2 REGOLARE
E COSÌ QUEL TORO DI GIAGNONI ARRIVÒ 2° A UN PUNTO DALLA JUVE ALDO AGROPPI EX CALCIATORE E ALLENATORE