Firenze, la rabbia degli immigrati «Idy ucciso perché di colore»
●Tensione al sit-in della comunità senegalese. Insulti spinte e sputi al sindaco Nardella
Non avrebbe sparato per finalità razziste. Eppure la rabbia della comunità senegalese è esplosa con forza a Firenze. Idy Diene, il venditore ambulante di 54 anni ucciso lunedì da sei colpi di pistola sul ponte Amerigo Vespucci, è la vittima del folle progetto di Roberto Pirrone, tipografo in pensione di 65 anni con la passione per le armi: ammazzare la prima persona che avrebbe incontrato. E non c’entrerebbe nemmeno l’appartenenza a un qualgiovani che gruppo politico di estrema destra, come hanno confermato da subito gli inquirenti. I connazionali dell’immigrato ucciso (in Italia con regolare permesso di soggiorno), non credono però al «gesto di un pazzo». E sono scesi in piazza il giorno dell’omicidio. Organizzandosi poi, l’indomani, in un presidio, proprio sul luogo della sparatoria, dove si sono verificati anche momenti di tensione. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, invitato dalla stessa comunità africana a partecipare al sit-in, è stato costretto dagli immigrati e da un gruppo di antagonisti ad andarsene, tra spinte, sputi e insulti al grido di «Vai via, razzista». Le forze dell’ordine, schierate in assetto anti-sommossa, hanno impedito ai circa 300 manifestanti di muoversi in un corteo non autorizzato sul lungarno Vespucci, verso il Ponte Vecchio. Al tentativo di sfondamento, cui hanno partecipato anche dei centri sociali, le forze dell’ordine si sono opposte con gli scudi. La calma è tornata anche grazie all’intervento dell’imam Izzedin Elrir, che ha invitato alla preghiera. Il sindaco Nardella ha commentato così: «La storia di Firenze è la storia del dialogo, la città capisce la rabbia per la morte di un uomo ma non accetta la violenza». E allo stesso tempo, su Facebook, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi tuonava: «Nelle strade della nostra Firenze è stato ucciso un uomo, forse per il colore della sua pelle. Conosceva già quell’odio sordido e codardo; lo stesso che colpì la nostra comunità e la sua famiglia nel dicembre del 2011». Sette anni fa, infatti, un cugino di Diene fu ammazzato insieme a un altro connazionale da un simpatizzante di estrema destra nella strage di piazza Dalmazia.
TELEFONATA Intanto emergono nuovi dettagli sul piano disperato di Pirrone, trasformatosi in odio. L’uomo che si divertiva a collezionare pistole ma anche cimeli dell’ex Unione sovietica, voleva uccidersi - almeno secondo le prime ricostruzioni - perché non riusciva più a sopportare il peso dei debiti. E non avendo avuto la forza di suicidarsi, si sarebbe trasformato in assassino per «finire in prigione e non pesare più sulla famiglia». Negli stessi minuti in cui Pirrone faceva fuoco, la figlia stava chiamando il 113: «Temo per l’incolumità di mio padre, ha con sé delle armi». Nel biglietto lasciato ai familiari, le istruzioni per i conti e le operazioni bancarie e poche frasi in stampatello con inchiostro nero per salutare la figlia. Intanto, sul ponte della sparatoria sono stati deposti fiori colorati per Idy: «La pazzia e la disperazione umana non hanno limiti. Ci mancherai tanto». Sotto, un cero un foglio con la scritta «Su questo ponte è stato ucciso un uomo».