La Gazzetta dello Sport

Firenze, la rabbia degli immigrati «Idy ucciso perché di colore»

●Tensione al sit-in della comunità senegalese. Insulti spinte e sputi al sindaco Nardella

- Stefania Angelini

Non avrebbe sparato per finalità razziste. Eppure la rabbia della comunità senegalese è esplosa con forza a Firenze. Idy Diene, il venditore ambulante di 54 anni ucciso lunedì da sei colpi di pistola sul ponte Amerigo Vespucci, è la vittima del folle progetto di Roberto Pirrone, tipografo in pensione di 65 anni con la passione per le armi: ammazzare la prima persona che avrebbe incontrato. E non c’entrerebbe nemmeno l’appartenen­za a un qualgiovan­i che gruppo politico di estrema destra, come hanno confermato da subito gli inquirenti. I connaziona­li dell’immigrato ucciso (in Italia con regolare permesso di soggiorno), non credono però al «gesto di un pazzo». E sono scesi in piazza il giorno dell’omicidio. Organizzan­dosi poi, l’indomani, in un presidio, proprio sul luogo della sparatoria, dove si sono verificati anche momenti di tensione. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, invitato dalla stessa comunità africana a partecipar­e al sit-in, è stato costretto dagli immigrati e da un gruppo di antagonist­i ad andarsene, tra spinte, sputi e insulti al grido di «Vai via, razzista». Le forze dell’ordine, schierate in assetto anti-sommossa, hanno impedito ai circa 300 manifestan­ti di muoversi in un corteo non autorizzat­o sul lungarno Vespucci, verso il Ponte Vecchio. Al tentativo di sfondament­o, cui hanno partecipat­o anche dei centri sociali, le forze dell’ordine si sono opposte con gli scudi. La calma è tornata anche grazie all’intervento dell’imam Izzedin Elrir, che ha invitato alla preghiera. Il sindaco Nardella ha commentato così: «La storia di Firenze è la storia del dialogo, la città capisce la rabbia per la morte di un uomo ma non accetta la violenza». E allo stesso tempo, su Facebook, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi tuonava: «Nelle strade della nostra Firenze è stato ucciso un uomo, forse per il colore della sua pelle. Conosceva già quell’odio sordido e codardo; lo stesso che colpì la nostra comunità e la sua famiglia nel dicembre del 2011». Sette anni fa, infatti, un cugino di Diene fu ammazzato insieme a un altro connaziona­le da un simpatizza­nte di estrema destra nella strage di piazza Dalmazia.

TELEFONATA Intanto emergono nuovi dettagli sul piano disperato di Pirrone, trasformat­osi in odio. L’uomo che si divertiva a colleziona­re pistole ma anche cimeli dell’ex Unione sovietica, voleva uccidersi - almeno secondo le prime ricostruzi­oni - perché non riusciva più a sopportare il peso dei debiti. E non avendo avuto la forza di suicidarsi, si sarebbe trasformat­o in assassino per «finire in prigione e non pesare più sulla famiglia». Negli stessi minuti in cui Pirrone faceva fuoco, la figlia stava chiamando il 113: «Temo per l’incolumità di mio padre, ha con sé delle armi». Nel biglietto lasciato ai familiari, le istruzioni per i conti e le operazioni bancarie e poche frasi in stampatell­o con inchiostro nero per salutare la figlia. Intanto, sul ponte della sparatoria sono stati deposti fiori colorati per Idy: «La pazzia e la disperazio­ne umana non hanno limiti. Ci mancherai tanto». Sotto, un cero un foglio con la scritta «Su questo ponte è stato ucciso un uomo».

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Tensioni al sit-in della comunità senegalese per il connaziona­le ucciso

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