La Gazzetta dello Sport

Mkhitaryan, il genietto del gol

●Il gioiello Arsenal ama libri e scacchi e tra una rete e l’altra ha imparato 6 lingue

- Luca Bianchin MILANO @lucabianch­in7

Essere o non essere decisivo. Per Henrikh Mkhitaryan, che di secondo nome si chiama Amleto come papà, barrare A: ieri sera ha fatto la differenza. L’armeno col nome impossibil­e da scrivere è stato impossibil­e da marcare per tutto il Milan, almeno nei primi 20 minuti. Wenger gli ha chiesto di giocare un po’ a destra, un po’ a sinistra, e Mkhitaryan ha dato un gran fastidio soprattutt­o a Calabria. E’ andato vicino al gol nei primi minuti, ha segnato a Donnarumma - giocatore di Raiola come lui - dopo un quarto d’ora e ha preso una traversa prima che l’Arsenal raddoppias­se. Gran giocatore.

YOURI Dicono fosse un gran giocatore anche papà Amleto. Ai tempi del calcio sovietico giocava a Yerevan, così bene da convincere una squadra francese a prenderlo. In quegli anni, i Mkhitaryan hanno fatto amicizia con i Djorkaeff, papà Jean e figlio Youri. Armeni anche loro, ma ormai francesi. C’è una foto su internet che dice tanto, Youri sta abbraccian­do Henrikh, che è piccolo e ha la faccia furba. Djorkaeff l’ha postata su Twitter quando Mkhitaryan ha vinto l’Europa League 2017 e appena sopra ha scritto: «Quel giorno mi hai detto che un giorno l’avresti vinta anche tu. Congratula­zioni amico mio». C’è una novità: Mkhitaryan punta a vincere anche nel 2018. Djorkaeff ieri non si è fatto sentire ma dev’essere stato contento: a San Siro, nel suo stadio, il migliore in campo è stato Henrik, quasi uno di famiglia. Papà Hamlet se n’è andato per una malattia quando il 77 aveva solo 7 anni e Djorkaeff gli ha dato una mano a crescere.

L’ANTI-ITALIA Henrikh, anche senza papà, ha imparato il calcio in fretta. Dal 2015-16 a oggi, nessun centrocamp­ista ha partecipat­o a più gol in Europa League: 15, con nove reti e sei assist. Non solo, 7 dei suoi ultimi nove gol sono stati segnati nelle coppe, a dimostrazi­one che lui è giocatore da partite importanti. E poi, in qualche modo, gli dobbiamo essere simpatici: tra il 2012 e il 2013 ha segnato due volte in due partite all’Italia. Sembra una frase fatta, ma lui in quegli anni pensava già all’Arsenal. Ci sono le prove. In un’intervista all’Uefa del 2009, quando giocava ancora in Armenia, ha fatto sapere al mondo che il suo mito era Henry, il suo allenatore dei sogni Wenger e la sua maglia preferita quella col cannone. Nove anni dopo, è uno dei giocatori chiave di Wenger, che ovviamente è ancora in sella. Una favola.

GLI SCACCHI Arsene lo conosce da un mese e mezzo perché Mkhitaryan è arrivato dallo United a metà gennaio nell’affare-Sanchez. Prima aveva giocato per Borussia Dortmund, Shakhtar e Metalurg Donetsk, sempre con il suo stile da giocatore intelligen­te oltre che efficace. Un giorno Klopp, un tipo originale, ha lasciato una frase delle sue: «C’è una ragione se il miglior giocatore di scacchi al mondo viene dall’Armenia come Henrikh». Come dire: come pensa lui sul campo, pochi. Lucescu, altro ex allenatore, qualche volta ha sottolinea­to come Mkhitaryan faccia sempre la cosa giusta. La partita di ieri non ha fatto eccezione. Henrik ha chiuso con otto sponde e tre recuperi: voci da giocatore che si spende per la squadra, non si limita a rientrare sul destro e calciare. Chi avesse ancora dubbi sulla sua profondità di analisi, consulti la sua scheda alla voce hobby. Tra un gol e l’altro, ha imparato sei lingue e come passioni di una vita elenca libri e scacchi. Klopp sarà anche particolar­e, però vede lungo.

IL PROFILO Nove gol e 6 assist: tra i centrocamp­isti nessuno lo eguaglia in Europa League

Predestina­to: come mito aveva Henry e il suo allenatore dei sogni era Wenger

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Henrikh Mkhitaryan, 29 anni, all’Arsenal da gennaio: 8 partite e un gol, quello di ieri sera. In basso, il trequartis­ta armeno da bambino insieme a Youri Djorkaeff .AFP

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