La Gazzetta dello Sport

«Non ho mai smesso di credere in me Avevo fame di vincere»

●Primo successo in Italia. «Nel passaggio alla Katusha non tutto ha funzionato bene. La Sanremo? Sì, vorrei farla»

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A FOLLONICA

«Super! Super! È la mia prima vittoria in Italia». Il pugno in alto, gli occhi sgranati e il sorriso che gli illumina il viso. Marcel Kittel è al settimo cielo mentre entra nella zona delle premiazion­i. Sul lungomare di Follonica il potentissi­mo tedescone sosia di Dolph Lundgren, l’Ivan Drago di Rocky IV, «spiezza» i rivali con una volate delle sue. In un colpo solo si porta a casa la soddisfazi­one di cogliere il primo successo stagionale, che è anche il primo in maglia Katusha, e di mettere in fotografia la maglia iridata di Peter Sagan, secondo. Eppoi mancava solo lui nella lista stagionale dei velocisti vincenti e la cosa suonava francament­e stonata. A Marcel non andava giù. Al raduno di partenza gli avevamo chiesto il motivo dei mancati successi e non l’aveva presa benissimo. Anzi, la domanda lo aveva infastidit­o: «È la vita, capita», s’era limitato a rispondere. Il successo — e il cambio di umore — gli consente così di togliersi un sassolino prima di salire sul palco per ricevere i fiori: «Hai visto? Che cosa volevi sapere? Che cosa mi hai chiesto stamattina?». Ride.

Marcel, ripartiamo da qui: ultima vittoria il 12 luglio a Pau, quinto centro al Tour. Che cosa è accaduto in questi otto mesi?

«Ma dai, davvero è così tanto che non vinco? Vuol dire che questo successo è ancora più importante. In inverno ho cambiato squadra e non tutto è andato come speravamo. Però questa è una grande iniezione di fiducia. Mi sentivo molto bene, ero affamato di vittorie. In squadra ci credevamo tutti e i compagni mi hanno messo nella posizione migliore».

Ci spiega meglio che cosa non ha funzionato come avrebbe voluto in questi primi mesi in Katusha?

«Cercate la storia grande? (sorride, ndr). Niente di particolar­e, sempliceme­nte che l’inverno è troppo corto. Non puoi pensare di sistemare le cose alla perfezione in 8-10 settimane. Certo, lo vorresti fare. Ma non ci riesci perché devi aggiustare la comunicazi­one interna, i meccanismi. Devi abituarti a nuovi sistemi e a nuovi compagni. Qui Zabel ha fatto un lavoro incredibil­e. A Dubai e Abu Dhabi, comunque, in un paio di occasioni ero già andato vicino al successo. Questo è un grande passo avanti».

S’è mai incrinata la sua autostima?

«No. Perdere ovviamente non è bello, non fa piacere. Però la cosa più importante è non smettere di credere nelle tue capacità e in quelle del team. Devi sempre avere fiducia. Se mi fosse successo cinque anni fa di non vincere per tanto tempo, sarebbe stato molto diverso, credo avrei reagito male. Il 2015, con tutti i problemi che ho avuto, mi ha cambiato».

Lei ha citato Rick Zabel, il figlio del grande Erik che ora è un collaborat­ore tecnico esterno del vostro team. Gli chiede mai consigli per le volate?

«No, io parlo con Rick che è un ragazzo molto indipenden­te. Però è bello averlo attorno ed è un valido aiuto e supporto tecnico per le bici».

A proposito di Zabel che l’ha vinta quattro volte… Sabato 17 si corre la Milano-Sanremo, la prima classica monumento della stagione. Che Kittel vedremo?

«Con la squadra decideremo dopo la Tirreno-Adriatico. Io vorrei farla, ci tengo. Nel caso, sarei libero di fare la mia corsa, senza pressioni e senza aspettativ­e».

Scusi?

«Sarebbe la prima volta e correrei solo per fare esperienza. Per esempio, so che già tenere le posizioni è fondamenta­le per cercare di fare un buon risultato. Per il resto non so com’è e non so se è adatta a me».

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IL NUMERO

I successi da pro’ di Marcel Kittel, fra cui 14 tappe al Tour, 4 al Giro d’Italia e 1 alla Vuelta

Detto che Cavendish fece esperienza e bottino al primo colpo nel 2009, non le pare tardi correre per fare esperienza dopo 7 anni da pro’? Come mai per esempio rinunciò a correrla alla Giant?

«Fu una decisione presa col team. C’era Degenkolb che, a differenza mia, ci teneva molto e che cercava aiuti per le classiche. A me interessav­a il Tour».

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Marcel Kittel, 29 anni, ex Quick Step: ha vinto 4 tappe al Giro d’Italia, ma sempre all’estero BETTINI

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