I rossoneri si arrendono all’Arsenal: 0-2 e quarti difficili Biancocelesti bloccati dalla Dinamo Kiev (2-2). Palo di Immobile al 95’
●I rossoneri all’inizio riescono ad aggredire gli inglesi molto alti, ma dopo il vantaggio si spegne la luce. E Özil si esalta negli spazi
Sembrava la Champions, e forse il problema è stato soprattutto questo. Un Milan di buona volontà si schianta su un avversario di livello purtroppo superiore come l’Arsenal, palesando i propri limiti di esperienza, prestanza fisica, anche qualità tecnica. Non è finita, no. Però francamente è difficile immaginare una rimontona all’Emirates, se non altro perché il Diavolo ha tirato una sola volta nello specchio della porta. Ha costruito qualche chance, vero, però ha concesso più di quanto abbia creato. E lo 0-2 è un fardello pesante con cui presentarsi a Londra, anche se nei sedicesimi lì ci ha vinto — inutilmente — l’Ostersunds. I Gunners di Arsene Wenger saranno anche in difficoltà in Premier, ma quando hanno il pallone sanno cosa farne. E hanno un’esplosività atletica alla quale le squadre italiane, esclusa quella con le maglie bianconere che in Europa recita ormai da protagonista da qualche anno, non sono abituate.
AVVIO E COMPLICAZIONI Eppure i 13 risultati utili consecutivi avevano seminato speranza ed entusiasmo. Unito alla sfidante nobile, il richiamo aveva attirato a San Siro quasi 73mila persone. E l’atmosfera si è scaldata presto, tanto da fare tremare lo stadio come ai bei tempi. Passione e cori e boati hanno trascinato l’avvio del Milan, che è partito forte, applicando l’unica strategia possibile: attaccare alto l’Arsenal, non farlo uscire in palleggio, tenerlo vicino al suo fortino tutt’altro che inespugnabile. I tre calci d’angolo nei primissimi minuti, con un tiro-cross di Suso sul quale Bonaventura è arrivato in leggero ma fatale ritardo sul secondo palo, sembravano il preludio alla solita (e solida) prestazione rossonera. L’Europa però è un altro universo. E la prima delle tante combinazioni letali Özil-Ramsey-Mkhitaryan, con destro sull’esterno dell’armeno, ha svegliato il Diavolo dal sogno. Facendolo precipitare nella paura. Il Milan ha perso coraggio, non è più stato disposto ad affrontare rischi nel disimpegno, limitandosi agli appoggi facili e scontati, portando anche troppo palla. Soprattutto si è abbassato troppo. L’Arsenal ha mandato fuori le sentinelle, e con 6-7 uomini a pressare nella metà campo rossonera — altro aspetto poco usuale in Serie A — le idee milaniste si sono complicate.
CHANCE ARSENAL Le distanze tra i reparti si sono allargate e negli spazi vuoti si sono infilati i fini palleggiatori wengeriani. Una volta che Özil o Mkhitaryan hanno potuto ricevere tra le linee, e nella situazione cosiddetta di palla scoperta (cioè senza opposizione), il castello difensivo di Gattuso era destinato a crollare. Il tedesco è apparso e scomparso dalla partita come un fantasma, ma facendo paura nelle sue materializzazioni: tocco di prima in verticale per Mkhitaryan e destro vincente per lo 0-1, palla filtrante per Ramsey nel recupero del primo tempo e 0-2. Al conto della prima parte si aggiungono un volo di Donnarumma su tiro di Chambers, una volata di Welbeck timido nella conclusione, una traversa di Mkhitaryan poco prima del raddoppio.
SOLUZIONI In tutto questo, il Milan si è ritrovato inerme. Difficile, nell’intervallo, pensare a qualche contromisura per ribaltare la partita, tanto è sembrato ampio il divario di sostanza, oltre che di risultato. L’Arsenal si è un po’ accontentato, Gattuso ci ha provato con le due punte, con Kalinic al fianco di Cutrone, poi sostituito da André Silva, ma il problema era come far arrivare il pallone lì davanti. Tanti cross (21), tiri imprecisi, poco ritmo e poco movimento senza palla: l’hanno fatto Kessie una volta (chiusura di Koscielny) e Kalinic un’altra (uscita di Ospina). Niente gol da mettere nella valigia per l’Emirates. Ma almeno il Milan non ha dilapidato la passione del suo pubblico. Ha dato tutto, solo che le qualità migliori dei rossoneri sono state disarmate: Suso, il più tecnico, è impallidito di fronte a Özil e Wilshere, il «fisico» Kessie sembrava un normotipo, l’incursore Bonaventura impreciso, il veloce Calabria bruciato allo sprint da Maitland-Niles, riserva della riserva (per non parlare di come lo ha trattato Mkhitaryan...). All’uscita, molti tifosi rossoneri si sono dovuti rassegnare al semplice fatto che il Diavolo non è ancora salito a questo livello. L’ultimo k.o. europeo a San Siro fu nel saluto alla Champions, contro l’Atletico Madrid: era un Milan al tramonto, questo sta nascendo. Qualche pianto va pur messo in conto.