ROSSI: «CON FABBRI FU SUBITO FEELING: LE CENE A BISTECCHE, M’INVENTÒ BOMBER»
PABLITO, IL 2° POSTO DEL 1978, I 24 GOL «DEVO TUTTO AL VICENZA, COMPRESA LA NAZIONALE. ARRIVAI DA ALA, POI...»
C’era una volta un ragazzo come tanti, sognava di sfondare da calciatore. Si chiamava Paolo Rossi, nome comune. Persino banale. Poi quel giovane attaccante arriva a Vicenza e la storia cambia. Anche grazie alle cure di un allenatore. «G.B. Fabbri? È stato molto più di un “mister”, mi ha fatto quasi da padre – ricorda Rossi –. Il suo affetto me lo dimostrava in tanti modi. Un esempio? Finito l’allenamento mi fermava: “Paolo, stasera ti aspetto a cena. Mia moglie lo sa già”. Avevo 20 anni, ero timido e la sua casa diventò presto il mio ristorante di riferimento: menù fisso. “Ecco una bella bistecca, sei troppo magro. Sono di prima scelta, ti aiutano a recuperare le energie. Stai facendo benissimo nel nuovo ruolo”. Ancora non lo sapevo, ma di lì a pochi mesi sarei passato da centravanti del Vicenza a quello in maglia azzurra. E pensare che avevo fatto tutta la trafila da ala destra, anche nelle varie Under nessuno aveva messo in discussione quella collocazione. Poi è arrivato Fabbri». Si può anche variare l’ordine degli eventi, ma il risultato non cambia: Rossi+ Vicenza+ Fabbri= miracolo. Ancora matematica, conde i numeri, per spiegarlo meglio alle nuove generazioni: Rossi nell’estate 1976 arriva in B al Lanerossi (girato dalla J uve in compartecipazione) dopo 6 gare a Como in A e 0 gol. Dalla fascia è catapultato al centro dell’attacco e ripaga questa mossa con 21 reti, capocannoniere del torneo vinto dal Vicenza. Nella stagione successiva Rossi concede il bis: re dei bomber con 24 centri e per poco pure il Lanerossi non si ripete, conquistando da neopromosso un clamoroso 2° posto alle spalle della Juve.
RE DEI BOMBER E POI IL MONDIALE IN ARGENTINA: È STATA UNA FAVOLA
PHYSIQUE DU RÔLE Oggi non sembra così anomalo trasformare un esterno in prima punta, ma negli anni Settanta era una rivoluzione. «Vero, gli allenatori preferivano avere un centravanti forte fisicamente, capace di fare a sportellate coi difensori. Poi gli affiancavano una seconda punta più agile. Fabbri mi schierò da unico attaccante: sembrava una follia. E invece da subito capì che ci aveva visto giusto». Il primo gol e come il primo amore, non si scorda. «Contro il Cagliari in Coppa Italia, fu bellissimo. E mi resi conto che lo stopper era in difficoltà, abituato a duelli fisici non riusciva a seguire i miei movimenti. E le cose continuarono così pure in campionato. La Juve non rimase impressionata, eravamo pur sempre in B: mi lasciò a Vicenza, ne fui felicissimo». Ma come, preferire la provincia alla Vecchia Signora? «Certo, ero e sono fatto in questo modo. Vicenza, come Prato dove nasco e cresco, è la dimensione giusta. Ho abitato lì per 30 anni, i miei amici sono tutti vicentini. Anche da calciatore ero così, davo più importanza ai rapporti umani. A Vicenza c’erano Fabbri e il presidente Farina, altra persona che mi ha dato molto. In A ci siamo divertiti: lo scudetto sarebbe stato troppo, ma non eravamo così distanti dalla Juve».
ECCO PABLITO Nel 1978 Rossi è titolare al Mondiale argentino: «Dopo Fabbri ecco Bearzot: sono stato fortunato a incontrarli. Il c.t. mi fece giocare nonostante la stampa spingesse per altri nomi. E quando nel 1982 mi portò in Spagna, mi difese contro tutti. Certo, in privato non mi perdonava nulla e mi spronò a reagire. Però mi aspettò fino al Brasile, altri non lo avrebbero fatto. Poi ho ripagato la sua fiducia. La favola del Lanerossi? Il terzo anno finimmo in B in modo incredibile. A quel punto Farina mi diede al Perugia e mi fermo qui perché ci sarebbe molto da dire. Il fallimento del Vicenza? Non può sparire il calcio in città, troppo importante. Vediamo cosa accade all’asta: dal fondo si può risalire alla grande. La mia storia dice questo». ● Le reti messe a segno da Paolo Rossi con la maglia del Vicenza tra AeBint re campionati. Nella massima serie i gol sono stati 39 in due tornei
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