La Gazzetta dello Sport

L’ucraino triplista ora adora Drake e il fast food

1Mykhailiu­k ha deciso la sfida con Duke. «Agli amici dico che negli Usa si vive come nei film»

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Provate a far pronunciar­e Sviatoslav Mykhailiuk a uno statuniten­se. Ci hanno messo due anni per riuscire (qualcuno...) a chiamare Giannis Antetokunm­po col suo cognome e non solo Greek Freak. Ma Svi – la soluzione più ovvia – è ormai molto più di un nome per i tifosi di Kansas. La sua tripla a 27” dalla fine ha costretto Duke all’overtime, dove i Jayhawks hanno poi strappato il biglietto per San Antonio. Mykhailiuk, 20enne ala senior di 2.03, nato in Ucraina, a Cherkasy, sulle sponde del fiume Dniepr, è sbarcato a Lawrence, dopo aver rifiutato offerte per giocare in Europa, nell’autunno del 2014, grazie a una dritta che un amico diede a coach Bill Self alle Final Four 2013. Una telefonata in Ucraina e il dado fu tratto. Il suo inglese era a dir poco stentato. «Non avevo idea di cosa dicessero i compagni in spo- gliatoio – ha raccontato. – Me ne stavo zitto in un angolo, da solo». L’adattament­o a una vita così diversa da quella di casa, ha richiesto una full immersion nel lifestyle stelle e strisce: fast food (Chipotle, Five Guys e Applebees), film (adora il comico Kevin Hart), musica (J. Cole, Drake and Future) e sport. «Quando parlo su Face Time con gli amici in Ucraina e mi chiedono com’è la vita qui, rispondo “Come nei film”».

BEFFA Lo stesso che Duke rivivrà per mesi e mesi, con quella palla di Greyson Allen che danza sul ferro beffarda per due volte prima di uscire e consegnare il destino delle due squadre al supplement­are. La tripla di Svi (che nel suo primo anno è stato compagno di squadra del canturino Perry Ellis) non è stata certo una sorpresa. In stagione ha viaggiato a 17 punti, 4.1 rimbalzi e 2.8 assist di media col 48% dall’arco, 33° a livello nazionale, ma primo con 3.6 triple a segno per gara. Per i pro’ è il classico prospetto «3 and D», ovvero tiro da tre e difesa. Per coach Self è uno di quei giocatori di cui non puoi fare a meno. «Non importa quanti minuti gioco – dice Svi – l’importante è che la squadra vinca». Sin qui ha funzionato.

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