La Gazzetta dello Sport

«Io che trovai il Pipita e feci piangere la Juve Non ero in fuorigioco»

●Da d.s. del Real scelse Higuain dal River Plate. Segnò nella finale Champions ‘97-98: «Gol regolare. Grazie a Pessotto...»

- Filippo Conticello INVIATO A MADRID

Da 19 anni e 348 giorni Predrag Mijatovic usa otto lettere come scudo contro la solita domanda: «Pessotto!». Sì, il terzino della Juve schiantata in quella finale di Champions ‘98 con un gol quanto meno discusso: «Continuate a dire che era fuorigioco, ma guardate Pessotto: è fuori dall’inquadratu­ra, potrebbe tenere tutti in gioco...». Lo dice con sorrisetto malizioso, come interpreta­sse una parte: tanto resterà l’hombre della Septima, l’uomo che ha traghettat­o il Real dai trionfi in bianco e nero a quelli a colori. Davanti a un caffè (italiano) a Madrid in zona Moraleja, buen retiro di tanti ex madridisti, entra dentro alla «sua» partita. Sua per quel tocco oltre Peruzzi, sua per un acquisto azzeccato undici anni fa.

Mijatovic, come andò l’operazione Higuain?

«Gennaio 2007, ero il d.s. del Real. Mi avevano parlato di questo talento, ma volevo vedere con i miei occhi. Ricordo un derby col Boca in cui segnò: aveva movimenti, coraggio, chiedeva palla in quella guerra. Tutte cose che valgono di più di un gol. Franco Baldini non era convinto, la scommessa è stata mia: convinsi Capello a non mandarlo in prestito e segnò reti decisive per il titolo. Non sentiva i fischi del Bernabeu: personalit­à e zero paura».

Perché allora non è ancora oggi il centravant­i del Real?

«Quando bisognava scegliere tra lui e Benzema, Florentino ha preferito il francese: è normale, quello era un “suo” acquisto. Ma vi assicuro che Gonzalo non ha niente di meno: qui ha segnato a raffica. E poi ha superato l’esame Italia: farne 25 da voi, ancora adesso, equivale a farne 40 qui in Spagna».

Lei dice che Higuain non trema nei momenti decisivi, ma gli argentini lo criticano e si disperano per gli errori nelle finali...

«Nel Mondiale anche Messi ha sbagliato delle occasioni, la prestazion­e SU GONZALO HIGUAIN va sempre contestual­izzata. Ma qualunque allenatore sano di mente lo vorrebbe con sé. Quando dicono che è sovrappeso, rido: ma se segna sempre?».

E Dybala? Vale davvero i top?

«Quanto mi piace, ha fiuto e cervello fino. I compagni lo cercano sempre: significa che è speciale. Ma ha bisogno di stare al centro del mondo. Qualcuno dovrebbe dirgli: “Costruiamo la squadra attorno a te”. A quel punto, potremmo valutarlo a livello top: se accetterà il ruolo di leader, diventerà un campioniss­imo».

Sta seguendo la telenovela sull’ultimo anno di Buffon?

«L’età è un trucco. Conosco 24enni vecchi e ultratrent­enni giovanissi­mi. Uno di questi è Gigi, l’anno scorso lo guardavo e dicevo: “Non è possibile”. Magari in Nazionale poteva cedere la leadership prima, ma alla Juve vada avanti finché vuole. E insegni ai giovani la fatica».

Dica la verità, la Juve a Cardiff l’ha delusa?

«L’avevo detto prima, statistich­e in mano: il Real le finali le vince, la Juve le perde. Ma su due gare non c’è avversario peggiore: i bianconeri pensano in 180’, gestiscono il tempo, interpreta­no i momenti, mentre le altre squadre sono impazienti. Poi lottano insieme e insieme si rialzano».

Come sono cambiate le squadre da allora?

«La Juve ha visto l’incubo con i propri occhi, ha capito come e dove può fare male il Madrid: è cambiata nell’esperienza. Il Real è più giù rispetto ad allora, ma in Europa ha una tranquilli­tà unica. Appartiene al club: ad esempio, noi nel ‘98 gestimmo la paura di trovarci di fronte Zizou e Del Piero. Poi questo Real ha Ronaldo... Se nella storia c’è stato un giocatore così, io non l’ho visto».

Lei nel 1998 ha cancellato un’ossessione madrilena lunga 32 anni: può spiegare alla Juve come cancellare la sua dopo 22?

«Non c’è una ricetta, contano le sensazioni. Sapete dove si è decisa la finale 2017? Nel riscaldame­nto: Madrid sereno, Juve frenetica. Il nervosismo era scolpito nei volti. La Juve non ha mai davvero dominato: correre di più non significa giocare meglio».

È vero che nel 1998 giocò infortunat­o? E quanto quel gol le ha cambiato la vita 20 anni dopo?

«Vero, non lo dissi ad Heynckes: ho usato la mia mentalità balcanica, non potevo rinunciare al sogno. Poi festeggiam­mo con lo champagne della Juve: sono stati dei signori a darcelo. Ancora oggi, ovunque nel mondo, trovo un italiano che mi urla qualcosa: se mi insulta , mi giro dall’altro lato, ma ormai fanno soprattutt­o battute... Qualche interista, invece, continua a ringraziar­e».

Le piace la Var?

«Se usata con moderazion­e e nei momenti giusti, mi piace molto: l’ultima responsabi­lità deve sempre essere dell’arbitro».

Lo sa cosa sarebbe successo con la Var nella finale del ’98?

NELLA GUERRA DEL DERBY COL BOCA CHIEDEVA PALLA AVEVA CORAGGIO

GONZALO NON È MENO DI BENZEMA 25 GOL IN ITALIA SONO 40 IN SPAGNA

PEDRAG MIJATOVIC

«Avrebbe visto Pessotto...»

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Predrag Mijatovic, oggi 49enne, segna (in fuorigioco) il gol che dà al Real la sua settima Champions
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