Sacchi: «Staffetta e distanza olimpica, due gare diverse»
●L’ex nuotatore: «Vetrina fondamentale per chi è predisposto a questo format»
Lo sport di alto livello lo ha vissuto e lo racconta. Luca Sacchi, ex nuotatore bronzo olimpico nei 400 misti a Barcellona ‘92, voce tecnica Rai e presidente della DDS, fa le carte al triathlon italiano che sta vivendo una rivoluzione in vista di Tokyo 2020.
Il Grand Prix si rinnova, approva la nuova formula?
«Mi piace molto: oltre ad essere rivolta allo spettacolo, è molto interessante e funzionale in chiave staffetta olimpica, vedremo i valori in campo in queste distanze che potrebbero essere molto diversi rispetto alla gara su distanza classica».
Questo circuito può dunque rappresentare uno stimolo per gli azzurri che vogliono fare il salto di qualità?
«Senza dubbio, per quanto sia correttissimo mettere alla prova gli atleti in contesto internazionale, è importante che ci sia questa vetrina per gli atleti più avvezzi a questo tipo di gare».
Il metodo di lavoro del settore alto livello è cambiato radicalmente. Che cosa pensa degli squad federali?
«Apprezzo il sistema degli squad per diversi motivi. Vengono incentivati i gruppi di lavoro: si uniscono le forze per creare qualcosa di importante e il lavoro quotidiano è costantemente stimolato. Non importa che questa opportunità venga cavalcata dagli stessi club o dai singoli atleti, l’importante è che l’obiettivo sia di essere competitivi a livello mondiale».
Quanto è importante il confronto quotidiano ad alto livello?
«È indispensabile: non ci deve essere il timore del confronto con atleti più forti perché questo è il sistema vincente, non solo per il presente, ma per il futuro. Bisogna essere curiosi, avere voglia di scoprire e sperimentare nuovi metodi e trovo che questa contaminazione sia importante perché gli atleti di adesso saranno gli allenatori del futuro».
Quali ambizioni per l’Italia?
«Dobbiamo mirare a portare atleti competitivi alla prossima Olimpiade, non solo ad avere atleti al via, non possiamo fare solo presenza. Nel 2004, nella prova femminile, abbiamo mostrato una certa competitività, quel risultato deve essere l’obiettivo minimo».
Qual è il valore aggiunto che può fornire Joel Filliol?
«Non ci sono pregiudizi da parte sua, guarda solo al futuro, può impostare tutto al di là di condizionamenti del passato. La sua progettualità definita contrasta con il precedente approccio del triathlon di alto livello e olimpico in Italia, ma pone gli atleti in una condizione di reale approccio elitario e responsabilizzante».