Beati gli ultimi Se il Milan è tutto qui... Che Benevento
Se il calcio fosse come il gioco dell’oca, Rino Gattuso dovrebbe tornare alla casella numero uno. Un girone fa, a Benevento, la sua prima sulla panchina del Milan venne guastata dal gol del portiere Brignoli, 2-2 allo scadere, ma lì bene o male cominciò la risalita. Un girone dopo, il Benevento ha vinto a Milano, 0-1 che resterà scolpito nel tabellone di San Siro come l’1-2 della Cavese in Serie B nel 1982. Eppure, in queste 19 giornate, Gattuso aveva ricostruito il Diavolo. Tutto azzerato, la sconfitta di ieri mette a rischio la qualificazione in Europa League. Oggi l’Atalanta può soffiare il sesto posto ai rossoneri e scaraventarli al settimo, con sentiti ringraziamenti al Sassuolo vincente sulla Fiorentina, altrimenti il Milan avrebbe vissuto la Waterloo della propria classifica. La finale di Coppa Italia contro la Juve resta la possibile camera di compensazione di ogni amarezza, ma la flessione dei «gattusiani» è nei numeri e nell’involuzione tecnico-tattica. A quale Milan dobbiamo credere? A quello capace di sbancare l’Olimpico contro la Roma? O a quello battuto da una squadra virtualmente retrocessa e con 78 gol sul groppone?
COMUNIONE E CIRCOLAZIONE Gattuso, con Suso in panchina e Calhanoglu indisponibile, ha improvvisato un 4-4-2 rigido e insipido. Il doppio centravanti non ha funzionato perché non è stato supportato né i due centravanti si sono cercati, anzi, Cutrone e André Silva tendevano a sottrarsi spazi e tempi. Il Milan ha sofferto di paludamento sulle fasce e praticato uno scorrimento della palla improntato alla banalità. Su tali difetti il Benevento ha pascolato per una larga fetta di primo tempo. De Zerbi ha risposto con una modifica di sistema. Niente 4-3-3, il Benevento teneva Sandro «basso», un po’ regista e un po’ libero davanti alla difesa. Poi un’altra linea a quattro e Iemmello prima punta per un 4-1-4-1 ambizioso. L’allenatore bresciano si sbracciava e sgolava per chiedere ai suoi di offrire più opzioni di passaggio al conduttore di palla. Comunione e circolazione, il primo precetto del codice De Zerbi. Lo 0-1 era nell’aria ed è arrivato a un passo dalla mezz’ora: intuizione di Viola per Iemmello, equilibrista del fuorigioco e freddo davanti a Donnarumma. Lì Gattuso ha capito che insistere col 4-4-2 sarebbe stato masochistico e ha ripristinato il 4-3-3, assetto che il gruppo ha ormai introiettato. Col tridente Borini-André Silva-Cutrone e col centrocampo a tre il Milan ha preso respiro, si è allargato e impadronito del palcoscenico. Dieci minuti di pressione alta e aggressività, col Benevento schiacciato e rimpicciolito. Dieci minuti in cui il Milan è stato lì lì per pareggiare, però quel treno è passato senza che i rossoneri ci salissero sopra.
LA TESTA SUL MURO A inizio ripresa Gattuso ha rafforzato il concetto, dentro Suso per Borini e per un nuovo tridente, più simile all’originale. Il Milan ha acquisito ulteriore supremazia, ha alzato di brutto il baricentro e ha costretto il Benevento a rinnegare il credo del suo allenatore. Col passare del tempo il Benevento si è sempre più innamorato dell’idea del colpaccio a San Siro e della posticipazione del ritorno in Serie B, visto che sarebbe bastato un pareggio per condannare i giallorossi all’aritmetica retrocessione. Per difendere questa trincea romantica e «risultatista», il Benevento si è stretto davanti al proprio portiere e l’arroccamento si è completato quando Diabaté è stato espulso. Il Milan ha sbattuto la testa sul muro, dagli assalti ha ricavato poca roba, in sintesi la grande occasione sprecata da Cutrone e la traversa di Kessie. Nervosismo a fiumi, focolai di risse. Nulla da fare. De Zerbi ha rispedito Gattuso alla casella numero uno, il gioco dell’oca sa essere spietato.
●Iemmello stende i rossoneri, deludenti e fischiati. Europa a rischio. Oggi sorpasso Atalanta? De Zerbi rinvia la retrocessione
LA PARTITA
Il 4-4-2 con doppio centravanti non va: inutile però il ritorno al 4-3-3
I campani puniscono il Milan e ricordano la vittoria della Cavese nel 1982