JOAO PEDRO: 6 MESI IL CAGLIARI RESPIRA
HA TOLTO IL MONDIALE A MESSI , NEL 2014. POI IL DECLINO TRA INFORTUNI E MISTERI. TIPO PATO O LA KURNIKOVA
Il piccolo genio, che con un tiro mancino aveva tolto a Messi la gioia immensa di alzare la coppa della consacrazione definitiva, non potrà difendere il suo titolo mondiale nella Russia del centravanti Putin. Mario Götze resta a casa, dunque, in Germania. Gli hanno detto che non è all’altezza. Non più. A forza di giocare tra le linee – pieni, vuoti, centrocampo, attacco – si è perso in una specie di terra di nessuno. Non c’è niente di clamoroso, in questa esclusione: era abbastanza annunciata. Piuttosto si raggruma uno stupore in fondo a questi quattro anni. Götze è entrato nella storia dalla porta principale, nella notte del 13 luglio 2014 sul tappeto verde del Maracanà, e adesso resta sospeso in un limbo, ridotto a una nota a margine, come un pugile che non può difendere la corona. Peccato. E anche un po’ triste, strano, misterioso.
MOGLIE TOP MODEL A un passo dal traguardo dei 26 anni, Götze è vicino alla parabola di Michael Owen o di un Pato, fenomeni consumati rapidamente e mai abbastanza vicini – nella durata – alla qualità vera del loro talento. Forse c’è anche qualcosa di balotelliano in lui. Sono percorsi e profili differenti, naturalmente, ma disegnati su uno sfondo omogeneo che li tiene assieme. In più si può intravedere un rischio. L’eroe tedesco del trionfo di Rio potrebbe rimanere nella memoria come una specie di Kurnikova del calcio, popolare per l’impatto glamour del suo passaggio nello sport, piuttosto che per il curriculum e i risultati ottenuti sul campo. Anna Kurnikova, tennista russa esplosa sedicenne a Wimbledon alla fine del secolo scorso, è rimasta famosa soprattutto per la sua indiscutibile bellezza. Götze, con la faccia gommosa e pulita da bravo ragazzo fa la sua figura, anche se non è proprio un modello; modella – di biancheria intima – è invece Ann-Kathrin Brömmel, la moglie sposata in segreto da poco, una delle Wags più seguite sui social e più invidiata nel mondo del calcio.
NELLA STORIA «Vai e dimostra che sei migliore di Messi» aveva detto Jogi Löw, tecnico della Germania, mettendo una mano sulle spalle di Mario prima di spedirlo in campo al tramonto dei tempi regolamentari, nella finale del mondiale brasiliano, contro l’Argentina. Fuori Klose, un nove vero, dentro lui il Wonder Boy, appena ridisegnato da Pep Guardiola che l’aveva voluto a Monaco come prima pietra del suo triennio nel Bayern. Ci sono due o tre foto che raccontano quasi tutto di quella notte, al di là dello storico gol che ha deciso la finale nei supplementari. Una è di Leo Messi che guarda la coppa del mondo da vicino, con uno sguardo rassegnato e ipnotizzato, come se percepisse l’esistenza di un muro trasparente e invalicabile tra la sua faccia, le mani e quei sei chili di oro piazzati vicino al campo.
CLICK, LA FOTO La seconda foto somiglia a un selfie, anche se non lo è. Qualcuno l’ha scattata nella mix zone del Maracanà, dopo la finale. Götze, che era là per ricevere i riconoscimenti da men of the match, vede da lontano in mezzo a tanta gente la sagoma di Messi. Lo rincorre. Lo raggiunge. Gli chiede: «Possiamo farci una foto?». Sulla maglia del tedesco, vicino alle quattro stelle che ricordano come tacche i mondiali vinti, pende l’oro della medaglia che da pochi minuti porta appesa al collo. Leo guarda l’obiettivo senza accennare un sorriso, fissa una specie di punto vuoto. Click. Fatta. Presto la foto fa il giro del mondo. I social vanno veloci. Götze la pubblica sul suo account di Instagram, e la accompagna con una parola di sei lettere: «Genius». E’ il tributo al più grande di tutti, poteva sembrare l’atto simbolico di un primo passaggio di consegne tra presente e futuro. In effetti, molti avevano cominciato a pensare a Götze come possibile terzo incomodo dietro ai due big (c’è sempre CR7), un pericoloso concorrente di Neymar. Macché. Niente, era solo l’inizio della fine.
INIESTA E I PAPI Anche Andrés Iniesta ha deciso un Mondiale – nel 2010 – con un gol che ha fatto storia. Poi ha potuto difenderlo, quel titolo. E da allora ha girato negli stadi di Spagna e Europa, raccogliendo applausi, ovunque. Götze no. Altra storia. Questi quattro anni sembrano lunghi una vita. In Italia, nel 2014, Matteo Renzi aveva scalzato Letta da palazzo Chigi dopo averlo avvisato col celebre «Enrico stai sereno». Barack Obama sembrava avere in mano la regia del nuovo mondo multipolare: di Trump neanche l’ombra. I due Papi, Bergoglio e Ratzinger non si sognavano di litigare nemmeno sulla finale Argentina-Germania. Allegri stava per sedersi sulla panchina della Juve, mollata da Conte. Ormai ci siamo abituati ai successi di Max come al calvario di Mario. Voluto e bocciato da Guardiola nel Bayern. Infortuni. Problemi nel Borussia, a Dortmund, dove ritorna per ritrovare la dimensione perduta.
A CASA Troppa pressione? Atteggiamento sbagliato? Poca fame? Questioni di salute? Tutto c’entra nel mix che lo spinge giù. Lo stop dell’anno scorso per curare l’equilibrio metabolico dice un po’ di cose. Non tutte. Sei mesi fa Jurgen Klopp non ha dubitato un istante a citare Götze come il migliore di tutti i calciatori che ha allenato. Dopo aver mandato in orbita Coutinho, stava già lavorando con Salah, tanto per capire. Forse tenterà ancora di portarlo a Liverpool per rilanciarlo. Sarebbe bello. Per ora resta scolpito il verdetto di Löw («non gioca al livello di uno con le sue qualità») che pure non dimentica quello che Mario «ha fatto per noi negli ultimi anni». Viene in mente che anche Enzo Bearzot e Marcello Lippi hanno avuto i loro Götze in ballo dopo aver conquistato i Mondiali dell’82 e del 2006. Li avevano tenuti in Nazionale per riconoscenza, finendo poi a picco. Può darsi sia questa la differenza con i tedeschi. Vedremo se Löw continuerà a vincere. E se Götze saprà fare tunnel alla sindrome Kurnikova: varrebbe come un altro gol mondiale.
>non Niente Russia. Löw ha la stessa gratitudine di Bearzot e Lippi per i loro campioni
>Bocciato da Guardiola, resta nel cuore di Klopp: per lui Mario è il migliore di tutti