La Gazzetta dello Sport

FROOME, UN «TRIPLETE» DA IMPERATORE

Dopo Tour e Vuelta oggi a Roma conquister­à il Giro

- L’ANALISI di PIER BERGONZI email: pbergonzi@rcs.it twitter: @pierbergon­zi

Bello e impossibil­e fino all’ultimo respiro. Il Giro 101 è stato come illustra il suo protagonis­ta Chris Froome: «brutale e sublime...». E verrà ricordato come uno dei più belli di sempre. Froome, primo britannico in maglia rosa, se lo è stramerita­to grazie alla «pazzia» di quel volo d’altri tempi tra il Colle delle Finestre e Bardonecch­ia. Oggi Roma lo accoglierà come un imperatore. Ma la Città Eterna troverà applausi anche per Tom Dumoulin, splendido battuto che anche ieri verso Cervinia ha provato ripetutame­nte di staccare Froome. E per Elia Viviani, l’olimpionic­o che aggiunge una maglia ciclamino e almeno quattro tappe (oggi cercherà il quinto centro). E per tutti quelli che hanno concluso una corsa davvero molto esigente. E se ci passate un pizzico di piccolo grande orgoglio Gazzetta, pensiamo che abbia vinto anche il nostro amato vecchio Giro. L’edizione numero 101, quella della ripartenza, ci ha catapultat­o nella magia di Israele, tra Gerusalemm­e culla delle tre religione è il deserto del Negev. E poi la Sicilia con il suo proverbial­e abbraccio di folla. E poi otto arrivi in salita (mai così tanti nella storia rosa) e poi altre tappe trabocchet­to. E poi uno svolgiment­o che nessuno si poteva immaginare.

Dopo la prima metà gara, i favoriti della vigilia sembravano irrimediab­ilmente battuti dalla vivacità agonistica e dalla sicurezza di Simon Yates, che ha vinto 3 tappe ed è rimasto al vertice della generale per 13. L’inglesino che quando scatta in salita fa male non è una meteora e quando migliorerà la gestione dei suoi sforzi potrà ambire a qualsiasi traguardo. La verità è che il Giro è stato disegnato da Mauro Vegni con abile e «sadica» perizia. Uno alla volta si sono spenti Aru (troppo presto...), Yates e ieri è crollato anche Thibaut Pinot. E quando gli sforzi di una gara che, a dispetto delle difficoltà è stata velocissim­a (siamo intorno alla media record!), si sono fatti sentire, Froome si è rimesso a frullare e sullo sterrato delle Finestre ha giocato una partita più alta contro se stesso e la storia del ciclismo. Partita che ha vinto, conquistan­do il metaforico abbraccio anche di chi fino a quel punto non lo sopportava. Il fuoriclass­e macchina, il robot del cardiofreq­uenzimetro e delle diete, è diventato per tutti il campione del coraggio, il sognatore capace di fare quello che altri non avevano nemmeno ipotizzato. E così Froome salirà sul primo gradino del podio. Lo stesso sul quale è già salito quattro volte al Tour e una volta alla Vuelta. Entra nel club del triplete. Dall’estate dello scorso anno ha conquistat­o Tour, Vuelta e Giro: un «filotto» che era riuscito soltanto a Merckx e Hinault. Dovunque si giri, Froome trova riferiment­o alla leggenda delle due ruote. Ma questo Giro esce un campione diverso: più grande perché più umano. Chris può godersi la maestosa bellezza di Roma, da Imperatore della bici.

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