La Gazzetta dello Sport

NEYMAR PRELUDIO DI BUON CALCIO

Russia -2, la rabbia di non esserci in un torneo dove si giocherà bene

- Di ALESSANDRO DE CALÒ

Farà bene al calcio questo Mondiale? Diversi sintomi dicono che sì, vedremo buone partite, grandi giocate. Degli altri, purtroppo, ma le vedremo.

Farà bene al calcio questo Mondiale? Diversi sintomi dicono che sì, vedremo buone partite, grandi giocate. Degli altri, purtroppo, ma le vedremo. C’è un filone individual­e, di quelli che fanno impazzire tivù e social. Tirano fuori un singolo gesto, pochi secondi – un tunnel, un colpo di tacco, un dribbling di suola, un gol da playstatio­n – e lo mandano in orbita contando sulla propagazio­ne da virus. In questi giorni il redivivo Neymar si è divertito ad alzare l’asticella. Un anno fa ha cominciato a smarcarsi da Messi, spostandos­i a Parigi per quei 220 e passa milioni che sappiamo. Adesso per uscire definitiva­mente dalla scia di Leo e CR7 – i fuoriclass­e assoluti di questo secolo – O Ney deve per forza trascinare la Seleçao nel cuore della Russia e sul tetto del mondo con le sue giocate di futebol arte da fissare come un marchio indelebile sulla conquista del potere. Messi e Ronaldo dovranno per forza essere all’altezza della sfida, con grandi risposte. Show assoluto. E poi ci sono gli altri, quelli che bussano alle porte dell’olimpo, i Mbappé, i Pogba, i Salah, i Griezmann, i Dembelé, i De Bruyne, i giovani Milinkovic-Savic che sanno di poter contare su un pubblico da miliardi di persone e vogliono mettersi a danzare sul palcosceni­co come aveva saputo fare James Rodriguez nell’ultima edizione della Coppa del mondo.

I grandi interpreti, dunque. Ma anche le squadre. In Sudafrica, nel 2010, la Spagna era riuscita nella straordina­ria impresa di vincere il Mondiale, giocando il suo calcio spettacola­re da utopia realizzata, senza intoppi e compromess­i, nonostante la sconfitta iniziale contro la Svizzera. C’era il blocco del Barça e la spinta propulsiva di Guardiola, dietro alla Roja. Quella vittoria è stata una manna per il pallone: ha dato forza alla tecnica, al palleggio, al gioco offensivo costruito da dietro, deprimendo in un attimo le antiquate ossessioni dei difensivis­ti di tutto il mondo. Senza quella Spagna, probabilme­nte, non avremmo mai visto il 7-1 della Germania sul triste Brasile operaio di Felipao Scolari. Il tecnico dei campioni in carica Joachim Löw non ha cambiato filone. Il brasiliano Tite ha recuperato lo spirito del jogo

bonito. La Spagna di Iniesta e Isco sappiamo bene come sa giocare. La Francia di Griezmann e dei baby fenomeni pure: coltiva la tecnica, insegue l’eccellenza. Anche gli outsider, per imporsi, dovranno riuscire a giocare bene: Argentina, Inghilterr­a, Belgio. Sarà dura per Sampaoli che non ha dei laterali super e un centrocamp­o creativo all’altezza di Aguero e Messi, però ci può provare. Il leader dell’altra sponda resta l’Uruguay, una specie di Atletico Madrid delle nazionali.

Jogo bonito contro il Cholismo. Nel fixing della vigilia non c’è partita.

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