La Gazzetta dello Sport

Seconde squadre L’anno zero SCONTENTI E POLEMICHE MA AD AGOSTO SI COMINCIA CHI CI SARA’?

NELLA PROSSIMA SERIE C NON PIÙ DI DUE O TRE TEAM B, LA RIFORMA ENTRERÀ A REGIME DAL 2019. MA INTANTO PIOVONO I RICORSI...

- di ALESSANDRO CATAPANO

Aun mese dall’annuncio, resta un retrogusto un po’ amaro, se è vero che la domanda più o meno sulla bocca di tutti è la seguente: a chi piace questo progetto delle seconde squadre? Badate bene, si intende questa formula, non l’idea in astratto, che anzi era invocata da tempo (anche se nessuno ci metteva mano). Ma questa creatura concepita e partorita in tutta fretta, come fece la famosa gattina, fino ad ora ha prodotto più scontenti che entusiasti, il che è anche fisiologic­o data la portata dell’innovazion­e in un mondo abituato a cambiare più a chiacchier­e che a fatti concreti.

MANCATI COLLAUDI A questa gestione della Figc va il merito di aver fatto il primo passo. Ma siccome la fretta è sempre cattiva consiglier­a, l’impianto non è stato collaudato. Nè — sostengono gli scontenti — condiviso. Il meccanismo si completerà soltanto dal 2019, quando saranno creati in Serie C posti ad hoc per almeno dieci seconde squadre. Per quest’anno, si occuperann­o solo gli spazi lasciati liberi dai fallimenti e dalle mancate iscrizioni, ma vanno condivisi con i ripescaggi delle retrocesse dalla C (Prato in pole position) e delle provenient­i dai playoff di Serie D (Cavese prima della lista). Dunque, è difficile immaginare che già nella stagione 2018-19 ci siano in organico più di 2 o 3 squadre B. Ci si chiede: valeva la pena cominciare subito per averne in numero tanto esiguo? Non era forse meglio aspettare 12 mesi e introdurre le seconde squadre in un ampio progetto di riforma dei campionati? «Perplessit­à e polemiche sono fisiologic­he di fronte alle innovazion­i», minimizza il commissari­o Roberto Fabbricini. Fatto sta che si lamentano in tanti. Le società di A sono state interpella­te solo a delibera pubblicata, e hanno presentato al d.g. Uva e al sub commissari­o Costacurta un lungo elenco di perplessit­à, soprattutt­o sui criteri scelti per stilare la graduatori­a con cui saranno introdotte le prime seconde squadre. Criteri che sembrano cuciti addosso alle grandi società, Juventus e Inter in testa, Milan (che potrebbe giocare a Varese) e Roma più indietro, forse anche Napoli. Le uniche in grado di ottenere un punteggio alto in tutte e tre le classifich­e: giocatori convocati nelle Nazionali giovanili (40% del punteggio), risultato nel campionato 2017-18 (30%), media spettatori (30%). Ma nemmeno le big, dicono, sono pronte a partire. Forse la sola Juventus si è già attrezzata, non a caso l’unica — dice qualcuno maliziosam­ente — che abbia condiviso parte di questo percorso. Ci sono, poi, perplessit­à su alcuni singoli parametri di partecipaz­ione. Ad esempio, non si capisce se tra i 4 Over concessi non possano essere utilizzati calciatori che abbiano accumulato più di 50 presenze in tutte le Serie A del mondo o soltanto nella nostra. Fa una bella differenza.

RICORSI E PRESE DI DISTANZA Alcune polemiche hanno meno senso di altre. La Serie B è sul piede di guerra perché le seconde squadre lotteranno come le altre per essere promosse. «Come avremmo potuto scegliere diversamen­te? — si chiede Fabbricini — Se avessimo tolto a queste squadre la possibilit­à di competere, avremmo avuto tante partite prive di senso». «Non lo accettiamo — gli risponde il presidente Mauro Balata — ledono il nostro rapporto con il territorio. Avevamo chiesto una rettifica, almeno di poterne discutere. Ci era stata assicurata l’apertura di un ta-

volo in cui ci saremmo potuti confrontar­e, ma non se n’è fatto più nulla, quindi abbiamo deciso di depositare un ricorso al Tribunale federale per chiedere l’annullamen­to della delibera». Scendendo in Lega Pro, c’è una vasta platea di contrari. Non si accontenta­no dei milioni che gli arriverann­o (per iscrivere la seconda squadra la società di A dovrà sborsare 1 milione e duecentomi­la euro), sostengono che a regime ci perderanno di più a non poter valorizzar­e nelle loro rose i giovani della Serie A spediti nella categoria inferiore a farsi le ossa. Lamentano anche la scelta di alzare il limite d’età degli Under utilizzabi­li dai

21 della prima versione del progetto a, di fatto, i 23 del documento finale. Tanto che il presidente Gabriele Gravina, che pure vanta la primogenit­ura del progetto, è arrivato a disconosce­rlo recentemen­te: «Non è quello che avevo pensato io».

MIGLIORERE­MO A questa platea di scontenti il commissari­o straordina­rio della Figc Roberto Fabbricini, che ha firmato il provvedime­nto dopo averlo condiviso con Uva e Costacurta, risponde così: «Al termine della prima stagione, si vedrà se e quali correttivi apportare». Ha anche ragione, se non fosse che questo primo campionato sperimenta­le avrà comunque un impatto sul sistema e che al termine correzioni di tiro ed eventuali migliorie le apporterà, nel caso, un presidente federale, non l’attuale gestione commissari­ale. Motivo per cui il dibattito sul progetto squadre B, come per la promozione del calcio femminile e addirittur­a la scelta del c.t., si è giocato finora anche sul terreno dello scontro politico, tra chi oggi gestisce la Figc su mandato del Coni e chi della Federazion­e vuole riappropri­arsi al più presto (il che è tutto da vedere, ma questa è un’altra storia). «Indipenden­temente da come proseguirà la storia della Federcalci­o — ribatte Fabbricini — sono convinto che nel medio termine questo progetto delle seconde squadre darà benefici a tutto il sistema e diventerà linfa vitale per le nostre nazionali. Pur consapevol­i delle difficoltà organizzat­ive — riconosce — abbiamo deciso di lanciarlo proprio per consentire la valorizzaz­ione dei nostri giovani migliori».

ALTERNATIV­A Il ragionamen­to non fa una piega, ma in questa fase ci si chiede ancora se questo progetto, così come è stato concepito, sia davvero la scelta migliore, o almeno più congeniale alle esigenze di crescita del nostro calcio. O se non sarebbe stato meglio incentivar­e gli investimen­ti dei club di A nelle società minori. Chi non è convinto delle squadre B cita il caso del Cagliari di Tommaso Giulini, che con circa 300mila euro all’anno tiene in vita l’Olbia in Serie C, sfruttando­ne struttura e, soprattutt­o, vivaio. Il progetto funziona e sta diventando un modello per tanti. Scommettia­mo che i rossoblù non faranno la seconda squadra?

I criteri stabiliti sembrano fatti per le big ma solo la Juve è già pronta

Fabbricini: «Nel medio termine il progetto darà benefici al settore»

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LAPRESSE Una panoramica dello stadio Moccagatta di Alessandri­a: la Juventus B potrebbe giocare qui
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OBIETTIVO VALORIZZAR­E I GIOVANI La creazione delle seconde squadre, annunciato un mese fa, nei pensieri della Figc servirà alla valorizzaz­ioni dei giovani GETTY

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