Applauso vichingo
Tra barbe nordiche e occhi di ghiaccio, tra corna vichinghe e pinte alzate al cielo di Islanda, si sente pure una supplica: «Per favore, non chiamatelo geyser sound...». Il riferimento è all’urlo cupo con applauso ritmato: il coro degli azzurri del nord che tutto il mondo conosce e che la Russia aspetta. Qui allo Sportbarinn Ölver di Reykjavik, festoso pub a ridosso dello stadio Laugardalsvöllur, lo stanno provando i tifosi che aspettano il Mondiale come il giudizio di Dio. Si chiamano Tólfan, che in islandese significa «12», nell’eterna accezione di dodicesimo uomo in campo: è il nucleo colorato, divertente e mai violento che ha spinto la squadra di Heimir Hallgrímsson fino a vette impensabili. Avendo fatto richiesta per tempo, picchieranno su questi enormi tamburi anche negli stadi russi.
LO STESSO FUOCO Molte delle simpatie che la squadra ha raccolto nascono da questa gente genuina. E dal canto diventato un brand: «Noi lo chiamiamo semplicemente “Húh”, anche se ormai per tutti è il Víkingaklappið ovvero “applauso vichingo”: ci caratterizza ed emoziona. È una scossa, uno dei tanti momenti di condivisione: noi e la squadra siamo la stesa cosa e il battito di mani manifesta l’unione», dice Kristinn Hallur Jonsson. È nel board dei Tólfan, ha un biglietto per Mosca in tasca e, come tutti, indossa una maglia brillante numero 12. Sulla sua, però, c’è scritto «The Ice Maker», la macchina di ghiaccio. Perché questo gruppo custodisce bizzarre tradizioni, usa l’ironia come arma di combattimento: «Qui ci forgiano il ghiaccio e la neve – scherza, accanto, l’amico e collega di tifo Magnus Haral-