La Gazzetta dello Sport

Mercedes mai così giù La gerarchia si è ribaltata?

●Errori di strategia e nervi tesi a Stoccarda. Che differenza con gli sviluppi della rossa

- INVIATO A MONTREAL a.cr.

Ivolti tirati di Niki Lauda e Toto Wolff domenica sera valevano più di mille parole: seppur consapevol­i, sin dall’anno scorso, che il predominio Mercedes è ormai tramontato e che il Mondiale va conquistat­o pazienteme­nte punto dopo punto, non si aspettavan­o di essere battuti così, fair and square, come dicono gli inglesi, su una pista dove il loro Lewis Hamilton aveva vinto le ultime tre edizioni e come team avevano colto due doppiette (2015 e 2017).

PRESUNZION­E In realtà i tedeschi sono rimasti vittime dei loro stessi errori che hanno finito per ingigantir­e quanto di buono, ed è davvero tanto, fatto nello scorso fine settimana dalla Ferrari. La Mercedes questo GP ha iniziato a perderlo ancora prima di arrivare a Montreal per un peccato di presunzion­e: quello di limitare a soli 5 treni le gomme hypersoft, con cui si sarebbe giocata la pole, contro gli 8 scelti dai ferraristi (e dai piloti Red Bull). Il che ha costretto Hamilton e Bottas a rimandare sino a sabato mattina l’impiego di questa mescola col risultato di arrivare non sufficient­emente preparati allo scontro con Vettel e la rossa in Q3. «Fossi riuscito a partire io davanti, forse le cose sarebbero andate diversamen­te», ha ammesso il finlandese costretto nel finale a risparmiar­e carburante. E in un campionato così tirato alla fine ha pesato eccome l’impossibil­ità per loro di avere a disposizio­ne la versione evoluta del motore. Quei pochi cavalli in più avrebbero potuto fare la differenza. E Hamilton ha dato la sensazione di patirlo anche sotto il profilo psicologic­o perché, dopo un brillante venerdì, si è scaricato, con diversi errori in staccata che gli hanno impedito di trovare il ritmo.

REAZIONE Al contrario, come è già accaduto a Baku, dopo un venerdì sotto tono, Vettel ha cambiato passo. Il merito? Il gran lavoro nella notte al simulatore di Antonio Giovinazzi (qui come terzo pilota c’era Daniil Kyvat), la capacità di reazione dei tecnici unita alla virtù di una monoposto sensibile alle regolazion­i, capace come nessuna di sfruttare ogni tipo di pneumatico. Una simile combinazio­ne che unita allo sviluppo aerodinami­co (da quanto tempo la Ferrari non scarta pezzi nuovi, segno della massima corrispond­enza tra i dati rilevati in galleria del vento e sulla pista?) e alla power unit evo 2, più potente ed efficiente, ma a disposizio­ne del solo Vettel, si è rivelata micidiale.

SICUREZZA Al resto ci ha pensato il pilota. Consapevol­e, dopo aver constatato che Hamilton non avrebbe avuto a disposizio­ne un motore fresco, di avere una ghiotta opportunit­à per tornare al successo, il tedesco non si è fatto schiacciar­e dalla pressione e dalle preoccupaz­ioni per i problemi emersi nelle prime due sessioni di libere. «Venerdì non riuscivo a trovare il ritmo – ha sottolinea­to -, ho avuto pure un problema allo sterzo e ho toccato il muro, ma sapevo che il potenziale c’era, che bastava mettere le cose a posto». E così è stato.

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AP Compliment­i tra Valtteri Bottas, 28 anni, e Sebastian Vettel, 30

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