La Gazzetta dello Sport

SE LE NAZIONALI SONO TRAMPOLINI

Il c.t. Lopetegui preso alla vigilia del Mondiale

- Di ALESSANDRO DE CALÒ

Sarà Julen Lopetegui, dunque, il prossimo allenatore del Real Madrid. Cosa vi sarebbe passato per la testa se un paio di giorni prima del Mondiale una big - tipo Juve, Inter o Milan – avesse annunciato che alla fine del torneo il c.t. dell’Italia si sarebbe seduto sulla loro panchina? Meglio saperlo prima che scoprirlo poi, chiaro. Ma come l’avreste presa, bene? Okay, in questo momento la questione non si pone perché siamo fuori dal Mondiale. E poi, in un certo senso, abbiamo già attraversa­to il guado. Nel 2016, Antonio Conte aveva dichiarato, in sintonia con il Chelsea, che avrebbe lasciato la panchina azzurra per andare ad allenare la squadra di Londra, dopo gli Europei in Francia. Stesso percorso? Non identico. C’erano due distinguo importanti. Uno legato ai tempi: la notizia era stata resa nota in aprile, oltre due mesi prima dell’inizio del torneo, c’era abbastanza tempo per digerirla. L’altro distinguo interessa la destinazio­ne: Conte non aveva scelto una big italiana – schierando­si di qua o di là rispetto agli eventuali blocchi presenti in Nazionale – ma andando nella Premier manteneva, diciamo così, una posizione terza, equidistan­te.

C’è sempre un territorio grigio da percorrere quando si mettono assieme gli interessi dei profession­isti – questo fanno di mestiere – con i sentimenti di appartenen­za di un popolo di tifosi che ha bisogno di riconoscer­si sotto a una bandiera e dentro a quelle maglie. Percorso sempre più complicato. I contratti ormai sono di plastilina, una penale libera tutti. Basta pagarla. Restano vivi pochi limiti: quelli un po’ vaghi legati ai conflitti di interessi, e altri più definiti che si fermano sulle soglie dell’eleganza e della opportunit­à. Dopodomani, nel debutto in Russia, Lopetegui dovrà mettere in campo la Spagna dei suoi prossimi giocatori Ramos, Isco e Asensio contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo che potrebbe diventare il più fondamenta­le e illustre dei suoi futuri allievi. Imbarazzan­te, no?

Per molti anni, soprattutt­o nel secolo scorso, le panchine delle nazionali europee più importanti venivano affidate a un tecnico federale oppure funzionava­no come punto d’arrivo di una carriera spesa nei club. L’Italia ha fatto scuola. Arrigo Sacchi era passato dal Milan alla Nazionale, come aveva fatto Marcello Lippi dalla Juve. Anche per il buon Vicente del Bosque la Roja ha funzionato come capolinea. Dobbiamo tornare al brasiliano Lazaroni, e a Italia ’90, per cogliere il filone di una panca da nazionale (nel suo caso la Seleçao) usata come trampolino per monetizzar­e in un club. Ormai la tendenza si è diffusa. Di solito il Real Madrid aspetta l’esito del Mondiale per cavalcare l’onda e portarsi a casa il protagonis­ta assoluto. L’ultimo è stato James Rodriguez, quattro anni fa, super in Brasile. Stavolta gioca d’anticipo. I «no» incassati da Zidane in poi devono aver spinto il club di Florentino Perez all’azzardo Lopetegui. Cosa succederà se la Spagna dovesse fare flop in Russia? Nuovo cambio in corsa? Vedremo. Sulla carta il tecnico della Roja ha il profilo giusto per gestire lo spogliatoi­o del Bernabeu in continuità evolutiva col percorso di Zizou. Ha meno carisma e più preparazio­ne tecnica, ma l’impatto soft è simile. Penso che gli spagnoli faranno un buon Mondiale, però a questo punto la pressione attorno alla Seleccion aumenta, in misura esponenzia­le. Non è detto che sia un bene. Neanche del tutto un male. L’Italia di Conte, per dire, se l’era giocato quell’Europeo. La Roja - sconfitta dagli azzurri - lo sa bene. Ma l’azzardo c’è e resta aperto.

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