«Trento ha un’identità e ora siamo molto carichi»
●Il play: «Non la vedo come gara secca, ma chi vince fa un bel passo avanti...»
Arrivata ieri sera dalle parti di Assago, Trento ha cominciato ad affilare armi e idee per tentare lo storico colpo. Giunge carica dal pareggio nella serie la banda Buscaglia, consapevole che la pressione ora è tutta sugli avversari. Muscoli e testa girano a mille. La consapevolezza di poter afferrare qualcosa di grande, pure. Le parole di Toto Forray, capitano dell’Aquila rapace, celano propositi bellicosi: «Fin da quando sono cominciati i nostri playoff, con gara-1 dei quarti ad Avellino, sapevamo di avere una chance di arrivare fino a qui, di potercela giocare fino in fondo contro tutti. Ora dobbiamo continuare ad abbracciare quel tipo di mentalità, restando fedeli alla nostra identità e alla nostra pallacanestro di insieme. Non penso a gara-5 come a una gara secca, ma di certo la vincente avrà un grande vantaggio: Milano vorrà riscattare le due sconfitte esterne di fronte al proprio pubblico, dovremo impedire loro di andare in fiducia. In squadra c’è grande carica, ma abbiamo i piedi ben piantati per terra: ci serviranno difesa, compattezza e un grande sforzo di squadra».
CARTUCCE Concetti, questi ultimi, che hanno reso la serie imprevedibile. E un ragionato ottimismo accompagna i trentini verso gara-5, strategica per la Dolomiti a cui, comunque, spetta l’onere della prova, ovvero un’obbligata vittoria in trasferta per far tornare i conti. Ma mai come ora Trento pare nelle condizioni di poter espugnare il Forum. Impilandoli uno sull’altro, i motivi non paiono nemmeno pochi. Alla base di tutto monta una superiorità fisica e di ritmo, in alcuni momenti, debordante e pure stupefacente se spalmata su sette giocatori. Il quintetto, più Gomes e Gutierrez: questo il sistema Buscaglia, che deve anche fare a meno di Flaccadori, ma capace, in vittorie e sconfitte, di finire spesso in crescendo. Dall’energia discende poi una difesa di certo rude, ma in grado di tenere Milano, nelle due sfide interne, sotto i 70 punti di media e a bassa quota l’Aquila raramente finisce in gabbia. Srotolare lo stesso spartito anche in trasferta diventerà una delle chiavi di gara-5, così come la capacità di tenere i lunghi milanesi fuori dal match. Là in mezzo Milano, in teoria, non dovrebbe fare prigionieri, ma in riva all’Adige tale superiorità è evaporata rapidamente dopo alcuni effimeri pick and roll targati Tarczewski. Costringere poi l’Emporio alla dipendenza nel tiro da tre resta un pilastro del piano partita Dolomiti: parco di soddisfazioni nelle prime due gare, cruciale in quelle successive. Di certo traccia esaltante di un lavoro collettivo che è l’altro pilastro teorico. Trento, piaccia o no, pratica un basket di sistema in cui pasturano individualità non banali. Su tutti Shavon Shields, finora l’uomo copertina di queste finali. «Quasi non mi rendo conto della nostra potenza» ha concluso invece Hogue dopo gara-4. Milano sì. Sulla propria pelle.
LA CHIAVE Fisico, collettivo, difesa e Shields le chiavi per tentare il colpo
L’italo-argentino: «Da gara-1 con Avellino sapevamo di avere una chance»